mercoledì 12 dicembre 2018
Conte e Tria oggi alla Ue senza intesa. Il premier alla Camera: «È in gioco la nostra missione»
Manovra, i partiti sulla linea del 2,2%
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Siamo al D-day della manovra. Ma si potrebbe definire anche il « C-day o Jday », come ha detto il portavoce della Commissione Europea, riferendosi con una battuta all’incontro odierno, nel pomeriggio a Bruxelles, fra Giuseppe Conte e Jean-Claude Juncker, il presidente dell’esecutivo comunitario. La Ue si appresta a sanzionare l’Italia per una legge di Bilancio che fa salire ancora di più il già elevato debito pubblico, ma il governo italiano si aggrappa al 'fattore Macron', ovvero all’improvviso innalzamento del deficit spuntato a sorpresa anche in Francia. «Sarebbe inaccettabile un atteggiamento di tipo diverso tra Parigi e Roma», tuona il vicepremier leghista Matteo Salvini, e praticamente le stesse parole usa l’altro 'dioscuro' pentastellato, Luigi Di Maio.

Le ore della vigilia segnano non a caso, forti della novità transalpina, un ritorno verso il brusco dei rapporti fra l’Italia e l’Ue, mentre si continua a trattare su un deficit 2019 compreso fra il 2 e il 2,2% e spunta un nuovo caso in materia di previdenza, con l’ipotesi di una 'quota 104' in luogo di quella '100', prontamente smentita come da prassi. Nel governo si palesano ancora una volta due linee non coincidenti: il più disposto a trattare è il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, sempre isolato (tanto che proseguono le voci di una sua sostituzione, dopo la manovra, con Giancarlo Giorgetti) e disposto - dipendesse solo da lui - a scendere fino all’1,9%. Ieri, parlando a un convegno Unipol, ha annunciato che entro la serata sarebbero stati definiti i nuovi saldi della legge di Bilancio, ma ha anche aggiunto che «se è possibile un accordo con la Commissione è preferibile andare a una riduzione del deficit, non perché non servano misure espansive, ma perché c’è incertezza e un’intesa con l’Ue aiuta a ritrovare fiducia e a recuperare i miliardi d’interessi che stiamo perdendo e che possiamo riportare a casa. Evitare la procedura è possibile, purché si prenda una decisione politica».

Conte e Tria avrebbero riferito a M5s e Lega che mettere nero su bianco la discesa dal 2,4% al 2% basterebbe a evitare la procedura, sebbene l’Ue chieda un calo maggiore. Il problema è però che fino all’ultimo Di Maio e Salvini sembrano non cedere. Tanto che c’è chi descrive un Conte preoccupato. Le ultime mediazioni saranno espletate stamattina, quando si riunirà il Cdm e, dopo, il governo si sposterà al Quirinale per il tradizionale pranzo che precede i Consigli europei (in programma domani e venerdì). Ci si affida alle doti di mediazione di Conte, ma le parole pronunciate ieri in Parlamento dal premier non hanno lasciato presagire nulla di buono: «Non andrò a Bruxelles con il libro dei sogni, ma con riforme complete e più investimenti », ha detto, aggiungendo che «è in gioco il senso della nostra missione» e che l’Ue deve superare il «rigorismo miope». La 'linea Maginot' dei partiti resta fissata al 2,2%, cui si potrebbe sommare un altro 0,2% di taglio derivante da quasi 2 miliardi di vendite immobiliari, magari attraverso Cassa depositi e prestiti, più altri tagli. Per rafforzare la discesa del deficit nel 2020/21 c’è anche l’idea di far scattare gli aumenti Iva (ora stoppati), rinviando alla prossima manovra un eventuale nuovo blocco. Niente viene dato per acquisito. Viene smentita l’ipotesi, avanzata dall’economista vicino alla Lega Alberto Brambilla, di avviare la riforma delle pensioni con 'quota 104' nel 2019, per arrivare solo dopo all’annunciato mix di 62 anni d’età e 38 di contributi. E Salvini interviene a dire che se non è «appassionato alla discussione sullo zero virgola», intende però «garantire la pensione a tanti italiani rovinati dalla Fornero». La parola dei due vice resta decisiva. Al punto che Conte si sobbarcherà un tour de force: dopo l’incontro, in serata tornerà a Roma per un ultimo consulto e domattina ripartirà per Bruxelles.

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