L’ex segretario del Pd Matteo Renzi. A destra, Marco Minniti
Pressing dell’area dell’ex premier, che dopo l’addio di Minniti è rimasta senza candidato. Commissionato un sondaggio Swg su Zingaretti, Martina e il senatore di Scandicci. Lui frena ma non chiude: basta parlare di me Roma Il Pd continua a girare intorno a Matteo Renzi e, dopo il ritiro dalla corsa di Marco Minniti, il giro diventa vorticoso. Nell’arco di una giornata ad alta tensione, l’area che fa capo all’ex segretario vive momenti di smarrimento, alla ricerca di un nuovo nome per non rimanere 'senza terra', spiazzata di fronte alla possibilità di una fuoriuscita del senatore di Scandicci, da tempo interessato a un nuovo soggetto politico.
Salvo poi esaltarsi all’idea – circolata dal pomeriggio di ieri – di una ricandidatura dello stesso Renzi, in una corsa a tre contro Zingaretti e Martina. Mentre Luca Lotti e Lorenzo Guerini sono alla ricerca di un candidato che tenga in vita l’eredità renziana, si diffonde la notizia di un sondaggio online Swg, commissionato forse dallo stesso Renzi, che mette a confronto il governatore del Lazio, il leader uscente e l’ex segretario. Una novità che scatena il tam tam sul grande ritorno. I suoi riprendono a sorridere, in un clima di eccitazione che sale in assenza di rettifiche o smentite. Il tweet diffuso dall’ex premier fiorentino non chiarisce né sconfessa le più disparate ipotesi: «Faccio il segretario, mi colpisce il fuoco amico. Mi dimetto e mi chiedono di stare in silenzio. Sto zitto e mi chiedono di parlare. Un giorno devo andarmene, un giorno fare il segretario.
Ma possiamo parlare di politica anziché parlare tutti i giorni di me?», scrive. Dallo studio del senatore dem, dunque, non si nega neanche la ricostruzione secondo cui ha commissionato il test di gradimento, per capire quanto ancora sia la sua forza all’interno del Pd. Una verifica, si vocifera, che farebbe seguito a un analogo sondaggio risultato fallimentare riguardo al nuovo partito liberale che Renzi ha in mente, e che non avrebbe attualmente un seguito soddisfacente. Sono piuttosto i suoi fedelissimi a smentire. E però, ammette Stefano Ceccanti, «Renzi è un uomo da mille risorse e mille sorprese».
E una ricandidatura sarebbe una soluzione molto gradita per i renziani, rimasti orfani di Minniti, a pochi giorni dalla scadenza del termine per la presentazione dei concorrenti, fissato per il 12. Appare verosimile, quindi, che entro domani si definisca il quadro. Sia nel caso in cui il Matteo di Firenze torni a correre per il Pd, sia in quello alternativo di una soluzione in grado di rappresentare l’anima renziana, anche se probabilmente destinata a soccombere con Zingaretti, già molto avanti nei sondaggi. Di fronte al complicarsi della vicenda, però, Graziano Delrio appare preoccupato.
Nella maggioranza di governo tira una brutta aria e la crisi potrebbe arrivare da un momento all’altro. Il capogruppo alla Camera teme che la sfida interna possa lasciare il partito senza una figura rappresentativa, in grado di parlare a nome di tutti. «Ci deve essere una unione, una cabina di regia composta dai candidati al congresso, il presidente Orfini e anche i capigruppo per una cabina di regia che gestisca, con una voce unica, i problemi principali del Paese», spiega il presidente dei deputati dem. La battaglia, infatti, potrebbe diventare uno scontro fratricida, specie nel caso Renzi entrasse nella partita delle primarie. Per ora né Martina né Zingaretti hanno commentato questa ipotesi, che pure spaventa tutte le anime avversarie interne. Uno scontro che può danneggiare ulteriormente il già difficile rapporto dei dem con il corpo elettorale.