venerdì 17 maggio 2013
​Palazzo Chigi pronto a un duro negoziato per la crescita. Preoccupazione per le tensioni nella maggioranza: per essere credibili a Bruxelles abbiamo bisogno di unità.
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La disoccupazione giovanile non può aspettare giugno e i tempi eterni dell’Unione europea. Enrico Letta, anche nel faccia a faccia di Varsavia con il premier polacco Donald Tusk, conferma la sua strategia: accerchiare Angela Merkel già nel Consiglio Ue della prossima settimana sulla richiesta di un «grande piano per il lavoro», in modo che, il mese dopo, la riunione dei capi di Stato e di governo europei assuma toni operativi e non cattedratici. E porti a conseguenze immediate. Non come accaduto con il Consiglio Ue del giugno 2012 sulla crescita, rimasto lettera morta.Un’accelerazione che ha a che fare con la vita dell’esecutivo e, soprattutto, con la tenuta sociale dei Paesi dell’Europa mediterranea. Italia in primis. Durante la conferenza stampa di Varsavia, Letta è stato più duro del solito, quasi a preparare il terreno: «Tutti i leader europei vedono il tema del lavoro giovanile come un grandissimo incubo. Per l’Italia è un dramma. Anche Angela Merkel è molto interessata», assicura. Niente deragliamento rispetto alla linea dei «bilanci in regola», ma ora dall’Europa devono venire «risposte concrete e non solo dichiarazioni astratte». Poi una frase rivelatrice: «Sono molto contento che su queste priorità abbiamo intenzione di combattere insieme a Bruxelles e in tutte le sedi europee». Combattere, nonostante non si tratti di «fare asse contro la Germania». Combattere, ovvero far capire a Berlino che nessuno è più disposto ad indugiare. Anche perché le prossime elezioni europee potranno essere quelle in cui «i cittadini abbandoneranno l’Ue».Sul fatto che l’operazione vada in porto Letta è ottimista. Ha già affidato al ministro del Lavoro Enrico Giovannini il compito di istituire una task force e scrivere entro 15 giorni una traccia di lavoro da presentare all’Ue. Un dossier con le risorse di cui ha bisogno l’Italia per investire su ricerca e innovazione, risolvere i tavoli di crisi di filiere al collasso e abbassare il costo del lavoro, specie quello giovanile. Un piano che ha bisogno di soldi veri e freschi, che l’Europa - è il concetto - dovrà concedere non appena sarà chiusa la procedura per deficit eccessivo (fatto di per sé positivo per i conti, perché dovrebbe condurre ad un ribasso degli spread e allo "svincolo" di 12 miliardi di cofinanziamento nazionale ai fondi strutturali). L’Italia si impegna a fare la sua parte con tagli «chirurgici» della spesa pubblica e riprendendo tra le mani il riordino delle agevolazioni alle imprese già impostato dall’ex sottosegretario Vieri Ceriani. Ma l’Ue deve metterci del suo. Concedendo una deroga al Patto di stabilità. O attraverso trasferimenti diretti. È questa la grande partita di Letta, quella che può placare i maldipancia della maggioranza. E va ben oltre l’anticipo dal 2014 al 2013 del progetto Youth Guarantee, un tesoretto da 6 miliardi di euro da spartire tra tutti i 27 Stati membri.Quanti miliardi servano per il piano-Lavoro di Letta e Giovannini è però top secret. Anticipare gli obiettivi dell’Italia potrebbe nuocere al difficilissimo negoziato europeo. Così come sono nocive le polemiche nella maggioranza. Letta vorrebbe il massimo dell’unità per esercitare un pressing efficace. E invoca «pazienza» ai suoi inquieti "azionisti" sino a quando non sarà definita la partita europea. I "cento giorni" cui fa continuo riferimento sono quelli necessari per imporre il cambio di traiettoria all’Europa. E il giro che sta completando presso le cancellerie serve a creare una «rete per la crescita» che va oltre le classiche differenze tra Nord e Sud del Continente. «Italia e Francia sono i primi due mercati della Germania – dicono in serata i fedelissimi del premier commentando il viaggio a Varsavia –, e in prossimità delle elezioni anche Angela Merkel dovrà dare risposte immediate ai primi segni di crisi della Germania». Su questa congiuntura, Letta si gioca tutto.
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