La Guardia di Finanza porta a Lampedusa migranti in pericolo su un barchino - ANSA
Il momento tanto atteso è arrivato anche per loro. I 160 migranti si mettono in fila ed escono dall’hotspot. Salgono ordinatamente sui pullman che li portano a Cala Pisana. Da lì i traghetti li porteranno in Italia. Nel giorno in cui l'hotspot di Lampedusa torna a numeri gestibili, e a poche ore dalla visita della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e della premier Giorgia Meloni, la Croce Rossa - cui il governo ha affidato da giugno la gestione della struttura - chiede "una nuova Mare Nostrum europea" per evitare che gli sbarchi si concentrino tutti in un solo sito. Una conseguenza proprio dello smantellamento delle operazioni navali di soccorso, statali e delle ong, sostiene, dati alla mano, il ricercatore dell’Ispi Matteo Villa. "E si salverebbero molte più vite – sottolinea Save the Children - oltre a tutelare i migranti più vulnerabili, come la ragazza che ha partorito in barca perdendo il bambino".
Alle 5 di domenica pomeriggio davanti all'hotspot in Contrada Imbriacola i dirigenti della Cri fanno il punto sulla giornata che ha visto la visita mattutina della presidente Ue e della premier italiana. Giorgia Meloni ha ribadito poche ore prima come la soluzione sia impedire le partenze, e che un'operazione navale deve servire solo "a difendere i confini", evitando di trasformarsi in "elemento di spinta per i flussi migratori, piuttosto che di blocco". Ignazio Schintu, vicesegretario generale della Cri, tira un sospiro di sollievo: nell'hotspot ora ci sono circa 1.500 migranti, ancora il doppio della capienza teorica, ma un numero molto più gestibile delle diverse migliaia dei giorni scorsi. Solo ieri tre traghetti ne hanno portati 610 a Catania, 600 a Trapani, 230 a Porto Empedocle. Ma come evitare la possibilità - il meteo prevede giorni di mare calmo - che centinaia di barche tornino a dirigersi su Lampedusa, intasando l’hotspot? Con una nuova struttura di accoglienza sull'isola? "No, Lampedusa ha già dato. Abbiamo passato momenti difficili e di tensione tra i lampedusani solo perché si era sparsa la voce che sui nostri mezzi ci fossero i materiali per una nuova tendopoli. Non era vero”. E allora come evitare che Lampedusa diventi di nuovo un imbuto intasato? “Serve un’operazione di soccorso in mare – dice senza incertezze Schintu – e non in capo solo all’Italia, ma condivisa con l’Europa. Sì, serve una nuova Mare Nostrum”, conclude il vicesegretario della Cri. “Da ottobre comunque ci aiuterà anche il nuovo hotspot a Porto Empedocle” aggiunge Francesca Basile, responsabile migrazioni della Croce Rossa italiana.
Il vicesegretario della Croce Rossa Italiana Ignazio Schintu - Liverani
Centinaia di barche tutte dirette all’approdo italiano più vicino alla Tunisia sono state la causa dell’emergenza dei giorni scorsi: 51 sbarchi lunedì scorso, 110 martedì... E i numeri delle presenze probabilmente sono molto più alti dei 7 mila dichiarati. Lo statistico Matteo Villa, ricercatore del DataLab dell’Ispi, l’Istituto di Politica internazionale, su Twitter parla di “11.196 sbarcati in quattro giorni" che è "il secondo valore più alto di sempre, lo stesso numero di migranti sbarcato in tutto il 2019, 11.471”. Ma perché tutti a Lampedusa? “Quella di Lampedusa è una crisi ‘causata dall’Italia’. Nel 2015 gli sbarchi erano 150 mila, ma solo 9 mila arrivavano a Lampedusa. Oggi gli sbarchi annui sono 160 mila, ma a Lampedusa arrivano in 100 mila. Il motivo? Abbiamo smesso di fare soccorso attivo”. E fa un esempio: “GeoBarents di Msf sabato ha salvato 471 persone migranti”, portate a Bari. “Altre 700 sono a bordo della Diciotti” della Guardia costiera, che li sbarcherà a Reggio Calabria: “Se non ci fossero state queste operazioni di soccorso – conclude il ricercatore - oggi Lampedusa sarebbe ancora più sovraccarica”.
“Save the Children chiede che venga organizzata una missione navale di ricerca e soccorso", concorda Giovanna Di Benedetto, portavoce dell'ong, sull'isola per seguire i tantissimi casi di "misna", minori stranieri non accompagnati. "Prima di tutto - spiega - perché chi è in pericolo in mare va salvato, punto. Le politiche migratorie sono un’altra cosa, ogni giorno in mare ci sono in gioco vite umane, l’Oim ha stimato in circa 26 mila i morti nel Mediterraneo in 10 anni, ma è un dato sicuramente sottostimato, perché quando non ci sono sopravvissuti nessuno racconta di quei naufragi. Poi - aggiunge Save the Children - perché si ridurrebbe la vulnerabilità delle persone più fragili: minori, famiglie con bambini piccoli, partorienti. Le operazioni SAR, Search and rescue, dovrebbero essere un dovere morale per l’Europa: per rispetto delle normative internazionali, ma anche dei valori di solidarietà su cui è fondata l’Unione europea”.