giovedì 24 ottobre 2024
La Fondazione PerugiAssisi: l’alternativa al diritto internazionale è la legge del più forte, cioè la Guerra mondiale. Opposizioni d'accordo per una mozione a sostegno di Unifil e Patto per il futuro
Da sinistra: Ricciardi, Schlein, Mascia, Lotti, Fratoianni, Bonelli

Da sinistra: Ricciardi, Schlein, Mascia, Lotti, Fratoianni, Bonelli - L.Liv.

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L’attacco ormai è direttamente al cuore dell’istituzione nata per garantire il diritto internazionale. Ma un mondo senza più Nazioni Unite farebbe un balzo all’indietro di un secolo. E l’alternativa al diritto internazionale è il diritto del più forte. In un mondo che quest’anno ha speso 2.443 miliardi di dollari in armi e convive con 12 mila testate nucleari è una prospettiva apocalittica. «Salviamo l’Onu» è allora l’appello accorato - e l’agenda di lavoro - della società civile e delle organizzazioni pacifiste. E dal mondo politico - per ora dalle opposizioni - arriva un segnale di attenzione.

«Salviamo l’Onu», chiedono dunque la Fondazione PerugiAssisi e il Centro di ateneo per i diritti umani Antonio Papisca dell’università di Padova, in un convegno organizzato al Senato grazie alla disponibilità della senatrice Ilaria Cucchi di Avs. Tanti i rappresentanti del movimento per la pace, come - tra gli altri - Pierangelo Milesi per le Acli, Walter Massa dell’Arci, Gianfranco Pagliarulo dell’Anpi, Alfio Nicotra dell’Associazione Ong Italiane, Fabio Alberti di Un ponte per...

L’allarme lo ha lanciato, da tempo, lo stesso segretario generale dell’Onu. Antonio Guterres giusto un mese fa diceva che «un numero crescente di governi si sente in diritto di calpestare il diritto internazionale, violare la Carta delle Nazioni Unite, le convenzioni internazionali sui diritti umani e le decisioni dei tribunali internazionali, senza che nulla accada».

E allora, chiede Flavio Lotti, «possiamo immaginare di avere un futuro in un mondo in cui vige il diritto del più forte? No, ma l’atteggiamento più diffuso è l’inazione, di fronte al pericolo della distruzione dell’architettura giuridica che finora ci ha salvato dalla terza guerra mondiale. L’attacco di Israele all’Unifil in Libano è la prova che le Nazioni Unite per alcuni stati sono un ingombro».
Lotti chiede al Parlamento italiano di battere un colpo. Cominciando con una mozione su due minimi comuni denominatori per un consenso più trasversale: la difesa a oltranza e il sostegno politico alla missione Unifil, poi l’impegno per attuare il Patto per il futuro adottato all’Onu il 23 settembre dai capi di stato e di governo. «Lo ha sottoscrtto anche Giorgia Meloni», sottolinea Lotti.

«Piena disponibilità» sulla possibile mozione arriva dai leader delle principali forze di opposizione, intervenuti al convegno: la segretaria del Pd Elly Schlein, il vicepresidente del M5s Riccardo Ricciardi, il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni, il coportavoce di Europa Verde Angelo Bonelli. «Noi abbiamo invitato tutti i partiti - puntualizza Flavio Lotti - e non pensiamo che la pace sia un tema di parte». «Salvare l’Onu significa salvare le prossime generazioni dal flagello della guerra», fa notare Marco Mascia, presidente del Centro Papisca: «A sparare sull’Onu - ricorda - è il premier di un paese nato nel 1947 proprio grazie all’Onu».

Concorda sull’eccezionale gravità del momento l’eurodeputato SD Marco Tarquinio: «Mai vista una fase come questa: il Consiglio di sicurezza paralizzato, l’Assemblea inascoltata, l’Unifil attaccata, le agenzie Onu denigrate». Tarquinio poi aggiorna sui lavori in corso a Strasburgo per creare un intergruppo di eurodeputati per la pace, chiesto il 21 settembre scorso ad Assisi alla partenza della Marcia della pace: «Abbiamo raccolto un significativo numero di adesioni. Serve ora l’appoggio formale di almeno tre dei quattro gruppi dei primi firmatari, Sd, Renew, Verdi e The Left. E c’è anche un collega italiano del Ppe, Massimiliano Salini, che ha una proposta con punti di contatto».

Laura Boldrini, deputata dem e presidente del Comitato permanente per i diritti umani nel mondo, aggiunge un altro elemento: «Oltre agli spari contro i Caschi blu, alla definizione di Guterres “persona non grata”, all’accusa all’Onu di essere una “palude di bile antisemita”, ora c’è in discussione alla Knesset una norma per per definire l’Unrwa, che ha assistitito per anni milioni di palestinesi, “organizzazione terroristica”. Mi aspettavo dichiarazioni di fuoco dei governi. Finora il ministro degli Esteri Antonio Tajani esprime la sua “preoccupazione”. L’assalto all’Onu in corso da tempo è il frutto avvelenato del sovranismo che combatte tutto ciò che è multilaterale e sovranazionale».

Alfio Nicotra dell’AOI sottolinea «il doppio standard, un po’ razzista, del governo italiano» che non si indigna per i 42 mila morti palestinesi «ma per i “caschi blu italiani”, come se quelli nepalesi e indonesiani feriti contino di meno». Per Fabio Alberti di Un ponte per... l’attacco all’Onu è motivato «dal processo di democratizzazione che è già in atto nelle Nazioni Unite, con la crescita del peso politico dei paesi del Sud globale. I paesi Brics producono il 47% della ricchezza globale. L’Onu è in pericolo perché questo processo non viene accettato dall’Occidente che finora ha governato le Nazioni Unite».

Ma si attenta all’Onu anche in modo più sottile, ricorda Jean Fabre, già vicedirettore dell’Undp: «Solo 59 paesi su 103 sono in regola con i contributi alle Nazioni Unite. E solo 65 hanno versato la loro quota per le operazioni di pace. L’Onu ha un credito di 1,8 miliardi di dollari, di cui 995 milioni dagli Usa e 380 dalla Cina. Così a Ginevra gli uffici devono chiudere alle 18, E il venerdì già alle 13, per risparmiare sulla bolletta elettrica».


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