I migranti sbarcati nei giorni scorsi dalla nave Humanity 1 - Ansa
Avrà il suo bel daffare la Commissione Europea, nel cercare di ricostruire un’intesa nel vertice straordinario, previsto per fine novembre e chiesto dal vicepresidente Margaritis Schinas per disegnare un «piano di emergenza» sulla questione dell’accoglienza ai migranti. Da ieri si è infatti allargato ad altri Stati il braccio di ferro inizialmente scoppiato solo tra Francia e Italia sulla questione dello sbarco dei naufraghi salvati dalle navi delle Ong. La linea rossa marca ancora una volta la distanza sull’annoso nodo dei mancati ricollocamenti fra i Paesi affacciati sul Mediterraneo, che ieri (con l’esclusione di Francia e Spagna) hanno sottoscritto una lettera congiunta di doglianze, e quelli dell’Est e del Nord Europa.
Per tutta risposta, da Parigi, è arrivata in serata la presa di posizione (in un’intervista a Le Parisien) della ministra degli Esteri Catherine Colonna: la crisi sui migranti , ha detto, «è una fortissima delusione, l'Italia non rispetta né il diritto internazionale, né il diritto marittimo». Inoltre, «il comunicato in cui Giorgia Meloni afferma, parlando a nome nostro, che spetta alla Francia accogliere i migranti», attacca Colonna, «è in totale contraddizione con quello che ci eravamo detti. Questi metodi sono inaccettabili».
La regola, argomenta la ministra francese, «è quella del porto più vicino e l'Ocean Vinking era vicina alla coste italiane. Tenuto conto dell'ostinato rifiuto, definito «scioccante» e «della mancanza di umanità dell'Italia, abbiamo accolto noi eccezionalmente la nave» . A suo parere, «i meccanismi europei di aiuto e di ripartizione dello sforzo di solidarietà funzionano». E «se l’Italia insiste con questo atteggiamento ci saranno conseguenze. Da parte nostra, abbiamo sospeso il dispositivo di ricollocamento dei migranti provenienti dall'Italia e rafforzato i controlli alle frontiere franco-italiane. Bisogna richiamare Roma al suo dovere di umanità. Sperando che comprenda il messaggio».
Dura nota dell’asse del Sud. A battere il primo colpo, nel pomeriggio, sono state Italia, Malta, Cipro e Grecia con una lunga nota, sottoscritta da tre ministri dell’Interno, fra cui l’italiano Matteo Piantedosi, e dal ministro greco per la Migrazione e l’Asilo. Nel documento, i quattro bollano come «increscioso e deludente» il numero di impegni di relocation assunti, una frazione «molto esigua del numero effettivo di arrivi irregolari». Il meccanismo è «lento» e incapace di alleggerire la pressione sugli Stati «di prima linea» sul Mediterraneo, che sostengono «l’onere più gravoso della gestione dei flussi» (nella sola Italia sono 90mila gli arrivi nel 2022) , con una pressione che mette «a dura prova il sistema di asilo e accoglienza».
L’affondo sulle Ong. In sintonia con la rigida posizione assunta dal governo italiano - che a breve potrebbe emanare misure restrittive, come sanzioni e sequestri degli scafi -, la nota auspica una stretta europea sull’operato delle navi umanitarie. In attesa di un meccanismo di condivisione degli oneri «efficace, equo e permanente», si legge, «non possiamo sottoscrivere l’idea che i Paesi di primo ingresso siano gli unici punti di sbarco europei possibili per gli immigrati illegali, soprattutto quando ciò avviene in modo non coordinato sulla base di una scelta fatta da navi private, che agiscono in totale autonomia rispetto alle autorità statali competenti», con un modus operandi di «non in linea» con lo «spirito della cornice giuridica internazionale sulle operazioni di search and rescue».
Italia, Grecia, Malta e Cipro ritengono «urgente e necessaria una discussione seria su come coordinare meglio queste operazioni nel Mediterraneo», garantendo che «tutte queste navi private rispettino le convenzioni internazionali e che tutti gli Stati di bandiera si assumano le loro responsabilità». E chiedono «alla Commissione Europea e alla Presidenza di adottare le misure necessarie per avviare tale discussione».
L’ago di Berlino. C’è chi valuta la nota dell’Asse del Sud come una prima mossa della premier Giorgia Meloni per far comprendere alle cancellerie europee che l’Italia non ha più intenzione di combattere da sola. Ma a far pendere la bilancia potrebbe essere una più decisa presa di posizione di Berlino, in un senso o nell’altro. Al momento, Germania, Olanda e Lussemburgo dicono di voler restare fedeli all’attuale meccanismo di ricollocamenti, che invece Parigi incita a disapplicare.