Silvio Berlusconi ascolta e annuisce, mentre il premier in carica assicura ai cronisti: «Ora possiamo voltare pagina e smetterla di passare giornate a parlare della durata del governo». Una domanda è diretta: andrete avanti fino a fine legislatura? Letta sorride e azzarda: «Sì, ora il governo non ha più scadenza ». Nel buen retiro di villa San Martino, l’altro grande azionista del suo governo è in sintonia: «È stato di parola, ha dimostrato di essere affidabile, concreto, leale», è il ragionamento del Cavaliere, che si trova a vivere l’ennesima giornata 'bipolare', diviso fra l’entusiasmo di aver incassato una vittoria politica con l’abolizione della vituperata imposta sulla casa («Promesso. Realizzato. Sull’Imu sulla prima casa e sui terreni e fabbricati funzionali alle attività agricole abbiamo mantenuto gli impegni. E l’etica in politica è mantenere la parola data », gioisce il leader del Pdl in una nota affidata alle agenzie) e la preoccupazione per l’incalzare dell’iter della procedura che, a Palazzo Madama, dovrà portare alla decisione sulla sua decadenza da senatore.
L’ex premier, riferisce chi gli sta accanto, non è convinto che il percorso intrapreso possa produrre risultati concreti: i suoi avvocati lo hanno avvertito che il percorso «è pieno di insidie» e che «non ci sono garanzie», ma lui confida che la Giunta possa esaminare senza preconcetti gli autorevoli pareri pro veritate che ha appena presentato. Certo, da parte del Pd non arrivano segnali incoraggianti, ma è l’unica strada percorribile. Anche se, nonostante la mano tesa di Luciano Violante e l’avallo del Quirinale alla sua iniziativa, quella sulla decadenza rischia di essere una partita dal finale già scritto, con margini d’uscita strettissimi. Ciononostante, il Cavaliere non pensa ad una crisi di governo. A chi gli sta accanto, lo ripete sottovoce: «La gente non capirebbe se staccassi la spina. Pensano al lavoro, chiedono stabilità. E farò ogni sforzo possibile per scongiurare salti nel buio e per aiutare che Letta e Alfano, e far sì che vadano avanti decisi».
L’eliminazione dell’Imu è una bella notizia. Ma la durezza dello scontro sull’agibilità politica affatica il Cavaliere: «Non ho alcuna garanzia su quello che potrà succedere. Le carte alla Consulta? Il Pd vuole eliminarmi e la strada è piena di insidie. Ma è la sola strada che ho». Berlusconi cammina avanti e indietro nei saloni di Arcore. Legge e rilegge un sondaggio giunto sulla sua scrivania: nella mente degli italiani, la questione decadenza viene molto dopo l’urgenza del lavoro. Al Paese serve un governo stabile, come gli ripetono da tempo i ministri del partito, Angelino Alfano in testa, che con una nota gli riconoscono il merito di aver creduto nella battaglia sull’Imu: «Senza la determinazione, la tenacia e la perseveranza con cui il nostro leader ha voluto tener fede a un impegno assunto di fronte al Paese, questo risultato non ci sarebbe stato».
I falchi, invece, prendono silenziosamente atto del superamento dell’unico scoglio che in questi giorni avrebbe potuto affondare il governo. E c’è chi sostiene che Berlusconi possa tornare oggi in tv per sottolineare l’obiettivo raggiunto: «Non era un impegno tra i tanti, ma un punto cardinale, pratico e simbolico, del programma con cui a febbraio abbiamo ottenuto molti milioni di voti e che abbiamo voluto come scelta qualificante negli accordi sul governo di larghe intese». Insomma, «il Popolo della Libertà ha rispettato il patto coi suoi elettori e il presidente Letta ha rispettato le intese con il Pdl». C’è chi però continua a suggerirgli di tenere pronto il piano B, da far scattare se il Pd voterà per la decadenza: «Potremmo dire agli italiani di aver realizzato l’80% del nostro programma e abbandonare la nave», scommette un big del partito. Ma è un’ipotesi alla quale il Cavaliere per ora non vuole affatto pensare.