venerdì 30 agosto 2013
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Con la nuova tranche di finanziamenti da 500 milioni di euro il governo assicura di avere portato la dote per la Cig in deroga nel 2013 allo stesso livello di quanto erogato nel 2012, circa 2,3 miliardi di euro. Ma quest’anno la crisi occupazionale è peggiorata e le risorse per far fronte a tutte le richieste non basteranno. Secondo i sindacati, che citano dati della Regioni, servirà un altro miliardo o poco meno nei prossimi mesi a meno che non si voglia «aprire la strada a una stretta delle prestazioni». L’esecutivo spera tuttavia che la graduale ripresa prevista possa scaricarsi positivamente sul mercato del lavoro con un primo riassorbimento dei cassintegrati nelle aziende. L’altra misura contenuta nel decreto del Consiglio dei ministri è la salvaguardia di ulteriori 6.500 esodati: si tratta dei lavoratori licenziati individualmente tra il 2009 e il 2011 e che sarebbero dovuti andare in pensione con le vecchie regole entro il 2014. La dote finanziaria di 700 milioni sarà spesa da qui al 2019. Serviranno tuttavia nuovi interventi a detta dello stesso governo, che punta a chiudere il capitolo con una soluzione strutturale.«Sulla cassa in deroga c’è da dire che i soldi non bastano. Tuttavia prendo atto di quel che dice il ministro Giovannini e cioè che questa è solo una nuova tranche. Lui sa benissimo che ci vuole un altro miliardo». Raffaele Bonanni ha commenta così ieri ai microfoni di Radio Anch’io, la decisione del governo di rifinanziare con 500 milioni di euro gli ammortizzatori sociali in deroga nel 2013. Fondi destinati a far fronte alle richieste crescenti di questi mesi delle imprese, ma destinati a esaurirsi ben prima di fine anno. La posizione di Bonanni è grosso modo quella di tutto il sindacato, dalla Cgil alla Uil all’Ugl: i provvedimenti destinati al mondo del lavoro vanno nella giusta direzione, ma non bastano. E questo vale tanto per la Cig che per il capitolo esodati: i nuovi 6.500 lavoratori messi in sicurezza sono solo una parte di coloro che sono rimasti senza lavoro e senza pensione anche dopo i ripetuti interventi di salvaguardia varati dal governo Monti (130mia i destinatari). «La platea, per ammissione dello stesso ministro è ben più vasta», sottolinea la Cgil con Vera Lamonica, «è evidente che si tratta di una risposta troppo piccola, che lascia tanti lavoratori nell’incertezza». Il governo da parte sua rassicura: «Faremo di più», ha detto ieri il ministro Graziano Delrio speigando che «quella di mercoledì è stata una misura anticipatoria ma ne stiamo studiando una più strutturale». Ci saranno quindi nuovi interventi e, di conseguenza, serviranno nuove coperture finanziarie. A maggior ragione se l’esecutivo, come chiedono gli stessi sindacati e anche esponenti autorevoli della maggioranza, punterà a intervenire sulla riforma pensionistica reintroducendo una maggiore flessibilità in uscita per tutti i lavoratori.La Uil tocca poi un altro tasto dolente, sottolineando che i provvedimenti varati, oltre a non risolvere definitivamente i problemi, «non sono sufficienti a rimettere in moto l’economia». Per spingere la ripresa e il lavoro ci vuole «un forte impegno per la riduzione delle tasse sugli stipendi e le pensioni», aggiunge l’organizzazione di Luigi Angeletti. Il vero timore dei sindacati è che la rinuncia all’Imu prima casa nel 2013, che vale oltre 4 miliardi di euro, tolga spazio agli sgravi sul lavoro. Se il taglio dell’imposta verrà infatti totalmente raccolto dalla nuova service tax, il mancato gettito diventerà strutturale e andrà finanziato per gli anni a venire. A quel punto resterà qualcosa per l’agognato taglio del cuneo fiscale?
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