Sarà l’Iva il prossimo punto di tensione tra il governo-Letta e il Pdl. Il premier, osservando le incertezze europee, e alla luce di un calendario che prevede l’uscita ufficiale e definitiva dalla procedura di deficit solo a giugno inoltrato, comincia ad essere pessimista sulla possibilità di congelare per sei mesi, dal primo luglio 2013 al gennaio 2014, l’aumento di un punto dell’imposta sui consumi non essenziali. Un problema che spinge Letta a delineare un’altra strategia, una sorta di piano-B, che suona più o meno così: se davvero si ricavano 2 miliardi di euro da tagli e risorse giacenti, tanto vale usarli subito per misure a favore dell’occupazione giovanile, anticipando il pacchetto-Giovannini. Da qui l’improvvisa accelerazione del ministro del Lavoro, che ieri ha visto imprese e banche e oggi incontra i sindacati. La sua proposta è quella di un piano in tre fasi: entro un paio di settimane l’intervento di manutenzione sulla riforma-Fornero con accorciamento dei tempi tra un contratto a termine e l’altro e incentivi al praticantato; dopo il Consiglio Ue di giugno - che dovrà sancire il principio per cui nei prossimi tre anni anche le spese per l’occupazione, e non solo quelle per infrastrutture, possono essere tenute fuori dal deficit - il provvedimento sul turnover anziani-giovani (al quale mostra interesse anche il ministro della Pubblica amministrazione D’Alia); nella legge di stabilità, infine, andrebbe a finire la possibilità di andare in pensione prima dei 66 anni con penalità progressive sull’assegno, risolvendo (quasi) strutturalmente il nodo degli esodati.Il governo dunque inizia a raffreddare le attese sull’Iva, con un ragionamento economico oltre che politico: l’inflazione è bassa, l’effetto sui prezzi dell’aumento potrebbe essere molto relativo. Ma Berlusconi non è dello stesso avviso. Esasperato dal dibattito parlamentare sull’ineleggibilità, il Cavaliere ieri ha mirato al bersaglio grosso. Pur ribadendo che questo governo è una «occasione epocale» per la «riappacificazione», l’ex premier ne ha poi blindato i prossimi passi: «La sospensione dell’Imu è una prima mossa. Ai primi di giugno ci sarà l’abrogazione». Vero è che l’esecutivo si sta muovendo per varare la riforma dell’Imu prima della scadenza del 30 agosto, anche per dare serenità ai comuni, ma l’ordine dei lavori del Cav e del premier non sembrano coincidere. Specie quando Berlusconi chiede, ancora per giugno, un «decreto choc» sulla crescita. Dentro ci sarebbero «l’azzeramento delle tasse sulle assunzioni dei giovani e dei disoccupati, il cambiamento delle modalità operative di Equitalia e la semplificazione della burocrazia». E poi, aggiunge, «si deve scongiurare l’aumento dell’Iva».Se non si raffredderà la polemica politica, dunque, potrebbero crescere le tensioni sull’agenda economica. Tanto più che Letta e Giovannini hanno alle calcagna i sindacati, che danno la priorità al taglio delle tasse sul lavoro. Ma la coperta è corta. La boccata d’ossigeno che verrà dalla chiusura della procedura di deficit, dice Letta, non deve essere l’alibi per tornare a fare debito senza controllo. Conscio delle attese che si addensano su Palazzo Chigi, per venerdì il premier ha voluto comunque un Consiglio dei ministri "operativo". All’ordine del giorno ci sono i bonus su ristrutturazioni edilizie ed efficienza energetica. Si lavora per confermare gli sgravi sino al 55 per cento e non tornare alle detrazioni-standard del 36. Ma non è scontato che si trovino per intero le coperture. Mentre potrebbe andare in porto il piano-Lupi per uno "sconto" sulle cucine per le giovani coppie.Navigazione a vista, allora, fin quando l’Ue non invertirà la rotta. Prima Bruxelles lo capirà, più durerà il governo. Anche perché Renzi comincia a stringere la morsa (le elezioni a Firenze sono tra sei mesi, dopo quella data il prossimo bus per il rottamatore potrebbe passare nella primavera 2015). Ieri sera il sindaco di Firenze è stato lapidario: «Se l’esecutivo fa le cose, bene, se non le fa è bene che se ne vada a casa il primo possibile». Ma per smussare gli attacchi di Renzi, negli ultimi giorni Letta ha stretto un asse di ferro con il neosegretario Pd Epifani.