Il Boris Godunov di Modest Musorgskij, diretto da Riccardo Chailly, ha aperto la stagione della Scala - Ansa
Il giorno dopo la Prima del Teatro alla Scala, che mercoledì ha inaugurato la nuova stagione con il Boris Godunov di Modest Musorgskij diretto da Riccardo Chailly, sono i numeri a raccontare l’esito trionfale della sera di Sant’Ambrogio. I 13 minuti di applausi che hanno accolto Chailly, il regista Kasper Holten, il protagonista Ildar Abdrazakov, salutati insieme a tutto il cast dal lancio di fiori dal loggione. I 2 milioni e 497 mila euro di incasso, cifra che supera quella raccolta lo scorso anno con il verdiano Macbeth. E poi gli ascolti della diretta dell’opera su Rai1: il Boris ha raccolto un milione e mezzo di telespettatori con uno share del 9.1%.
Cifre certo inferiori ai 2 milioni e 46 mila del Macbeth dello scorso anno e ai 2 milioni e 900 mila della Tosca del 2019. Ma era prevedibile con un titolo come Boris, opera russa cantata in russo. «Un risultato tanto più importante considerato che l’opera di Musorgskij, pur essendo un capolavoro, non è conosciuta a tutti» commenta il sovrintendente Dominique Meyer.
«Un grande successo per un’opera come Boris Godunov di Musorgskij che parla anche del nostro presente» dice l’amministratore delegato della Rai Carlo Fuortes per il quale «l’offerta culturale di qualità che la Rai ha riproposto anche quest’anno, trasmettendo la prima della Scala in diretta su Rai1, si conferma una scelta vincente per la missione di sevizio pubblico e come contributo fondamentale alla diffusione della grande musica».
Durante la trasmissione dell’opera, dalle 18 alle 21.15, si sono registrate punte di 2 milioni 200mila spettatori e del 17.6 di share. E lo speciale Aspettando Boris Godunov, che ha preceduto la diretta da Piermarini, è stato seguito da un milione 870mila spettatori con uno share del 17,1%. Bene anche le dirette sui canali social del teatro, i post su Facebook del 7 dicembre sono stati visti da 483.658 persone.
Un successo corale, come ha sottolineato Chailly parlando di «orgoglio collettivo realizzato da orchestra, coro, solisti e da tutto il personale tecnico». Un successo che ha smorzato le polemiche della vigila, specie da parte della comunità ucraina, per la scelta della Scala di inaugurare con un’opera russa in piena guerra di Mosca a Kiev.
«La cultura russa non si cancella», il monito del Capo dello Stato Mattarella al termine del Boris. «Il conflitto a cui tutti noi assistiamo impotenti e con grande sgomento dal 23 febbraio è qualcosa di atroce. In un tempo come quello che stiamo vivendo Boris, che è tutt’altro che la rappresentazione del passato glorioso di una nazione, diventa una forte denuncia contro ogni forma di violenza e di sopruso» il pensiero di Chailly.
«Non sono un politico e di politica non voglio parlare. Ma se avete visto il cast di Boris siamo quasi tutti stranieri. A unirci è la cultura, perché questo fa la cultura, unisce» dice il russo Abdrazakov, appaluditissimo protagonista. «Noi cantanti e musicisti parliamo con la lingua della musica e dell’arte e vogliamo rimanere questo: musicisti, artisti, cantanti. Non altro».