Giovani e partecipazione - Ansa
Le percentuali di partecipazione al voto alle ultime elezioni europee mostrano un quadro impietoso: un tasso di astensione tra i giovani del 56% mentre tra le fasce a basso reddito si è superato il 70%. Il dato giovanile denota la responsabilità di una politica che tale non è, poiché sempre più confusa con l’esito elettorale e non con una concreta programmazione, fondata sull’elaborazione intellettuale in un ampio dibattito culturale. Gli ultimi dati pubblicati dall’Osservatorio Giovani del Toniolo (2024) presentano giovani non disinteressati alla politica, ma anzi animati da una forte domanda di partecipazione: nella loro articolata lettura, però, i dati spiegano desiderio e interesse rispetto a istituzioni pubbliche non politiche (scuola, ospedali, volontariato …), il che è alquanto indicativo.
La partecipazione sembra coincidere con un impegno di cittadinanza attiva su nodi cruciali del presente e del futuro come ecologia, diritti civili, giustizia e pace, temi che maturano nell’ambito dell’associazionismo ma che non producono, se non in minima parte, un impegno concreto per e nei luoghi di decisione politica. Vi è una polarizzazione tra apprezzamento di forme leaderistiche in grado di risolvere i problemi e modalità invece capaci di riattivare processi democratici di rappresentanza.
La fotografia italiana si estende al panorama europeo dove c’è ancora da capire se l’eventuale fiducia riposta negli organismi rappresentativi non corrisponda al desiderio di leader forti “al comando” in grado di dare risposte, oggi, in particolare sulla pace. Il dato dell’astensionismo dal quale si è partiti è da leggersi in controluce con il dato Istat (2023) che a livello generale consegna una immagine preoccupante sul volontariato che nel periodo 2015-2021 ha visto una riduzione di circa il 15%. Diminuzione da imputarsi alla crescita del “volontariato individuale”: persone, cioè, svincolate da reti strutturate, che preferiscono un impegno occasionale e temporaneo.
La rinnovata attenzione, negli ultimi anni, da parte della Fondazione con il Sud, con la consulta delle Fondazioni di origine bancaria del Sud e delle Isole, alla pubblicazione di bandi dedicati al Terzo settore con particolare attenzione ai giovani, spiega l’urgenza di azioni che generino un impatto immediato per le comunità con forme elastiche di coinvolgimento, non in conflitto con interessi e aspetti rilevanti della quotidianità.
Oggi nel Meridione la crescita del Pil è oltre la media nazionale, grazie agli investimenti del Pnrr, ma nel Paese 1,3 milioni di minorenni vivono in una condizione di povertà assoluta. Le maggiori criticità si rilevano proprio al Sud, in controtendenza con la crescita del Pil legata al Pnrr, e ancor più preoccupano gli effetti della Legge sull’autonomia differenziata appena approvata. Sembra di assistere ad un modus schizofrenico che utilizza un linguaggio disorganizzato e allucinatorio rispetto a una realtà complessa e drammatica peraltro difficilmente decifrabile. Il diritto alla partecipazione dei giovani è allora più che un tema un’urgenza in Italia ma ancor più al Sud, tra Regioni povere e spopolate, in cui le domande hanno un valore innanzitutto politico prima che di “impegno nell’attività amministrativa”.
Partecipare è ripopolare fisicamente le comunità promuovendo un diritto alla “restanza” attraverso una equa distribuzione delle risorse; è ritessere relazioni tra persone alle quali non si chieda semplicemente il voto ma si affidi loro la missione di costruire e vedere concretamente i risultati del proprio impegno. Su questo si auspica che la prossima Settimana sociale dei cattolici in Italia dia il proprio contributo civile e religioso alimentando il dibattito nel panorama politico.