«Dobbiamo decidere che identità dare al Pd», e il Pd di Elly Schlein, candidata alla segreteria dem, ruota intorno a tre concetti: «giustizia sociale, clima, lavoro».
Intanto da giorni si parla solo di date e di voto online. Il solito Pd autoreferenziale?
Quella mia sul voto online è una proposta complementare al voto nei gazebo, che è un fatto identitario per il Pd. Io anche sono tra quanti hanno voglia di andare ai gazebo per ritrovarsi, per conoscersi. Ma quella è una proposta volta a dare uno strumento in più, perché se guardiamo al dato drammatico di astensionismo record delle politiche, che coincide con le classi più povere, rischiamo di vedere sempre meno partecipazione delle fasce più fragili. Ogni strumento che può allargare la partecipazione è da considerare con grande attenzione. Non è questione di regole, ma anche politica, identitaria. La domanda è che tipo di partito vogliamo costruire? Un partito aperto, inclusivo. Che allarga la partecipazione anche con nuovi strumenti. Empatico, che si mette a disposizione della società.
Vuole aprire al web, come il M5s?
Il Pd ha già provato questo sistema per le primarie dei candidati sindaco di Roma, Bologna e Torino e ha poco a che fare con il sistema adottato da altri partiti e movimenti, perché è un sistema sicuro, attraverso l’identificazione certa, con lo Spid, non replicabile e che non permette né di risalire al voto espresso né di modificarlo. Poi io penso a chi lavora la domenica, a chi ha problemi di mobilità come anziani o disabili, a chi vive all’estero, magari non vicino ai seggi che saranno organizzati... Noi abbiamo una destra ossessionata dall’immigrazione, che nemmeno vede quanti nostri giovani si sono trasferiti all’estero, perché da noi il salario è troppo basso, ed è una platea a cui vorremmo rivolgerci.
Comunque, mentre voi parlate di regole, il M5s vi supera nei sondaggi.
Noi non abbiamo mai smesso di parlare di visione, proposte e temi cruciali per la vita delle persone. Forse è la prima volta che mi esprimo mentre per settimane si parlava di date. Ma questa è una questione politica, è che tipo di comunità politica vogliamo costruire per il futuro. Io quando mi sono candidata ho detto che avrei voluto ridare al Pd una identità chiara e coerente su una visione di futuro che tenga insieme il contrasto a ogni forma di disuguaglianza, la giustizia sociale, il tema del clima e di come affrontiamo la conversione ecologica, e il tema del lavoro di qualità. Perché nell’intrecciarsi di queste tre grandi sfide, la politica è rimasta indietro e non vede quanto siano connesse. Sono andati avanti il pensiero di elaborazione culturale, accademica e anche religiosa (quando l’enclica Laudato si’ tiene insieme il grido di dolore della terra e il grido di dolore dei poveri centra una nuova frontiera dove la politica non si è ancora fatta trovare). Il Pd deve dire la sua. Questo è l’obiettivo.
Nel Pd di Elly Schlein, se cambia la carta dei valori, ci sarà ancora spazio per tutte le culture fondatrici?
Il Pd non si è mai fermato, guardi. Ha continuato a porre temi come il salario minimo, il congedo paritario... Dobbiamo riuscire a investire nelle energie rinnovabili, che sono le uniche energie di pace, perché non è cambiando la nostra dipendenza dalle fonti fossili di Putin a quelle di qualcun altro che riusciamo a fare un salto di qualità, anche a salvaguardia della democrazia e della tutela dei diritti umani. Questi sono i temi fondanti del Pd, non ci vuole una resa dei conti identitaria, ma bisogna sfidare tutte le culture di provenienza su un terreno su cui società civile, le nuove generazioni e l’associazionismo cattolico stanno già facendo cose.
Ma secondo lei il Lingotto è fallito?
In questi anni è stata tradita una grande aspettativa. Il concetto stesso di ecologia integrale è una critica al modello neoliberista perseguito in questi decenni, che ha aumentato le disuguaglianze e consumato al contempo il pianeta. Su questo tutte le culture democratico- progressiste devono confrontarsi. Quel modello ha aumentato il lavoro povero in Italia e questa maggioranza non vuole affrontare la questione. Anzi, la manovra colpisce i poveri anziché la povertà. Contratti a termine e voucher vanno nella direzione opposta per dare tutela alle giovani generazioni. E la precarietà incide sulla denatalità. Non lo dico io, lo dice l’Istat. La pandemia ha messo in luce tutto questo. Un Pd credibile deve difendere le fasce più fragili, tra cui i migranti.
Sui migranti lei ha lavorato molto in Europa...
Mi sono occupata a lungo dei migranti in Europa. Dalla riforma di Dublino, alla difesa di un modello di accoglienza diffusa, che è l’unico che garantisce una vera inclusione sociale delle persone che arrivano in Italia, una maggiore trasparenza sulla gestione dei fondi e un coinvolgimento delle comunità, diversamente da quell’approccio emergenziale che non ha saputo garantire servizi di inserimento sociale e si presta maggiormente a infiltrazioni di interessi economici, se non di criminalità organizzata. Parlo di un’accoglienza che ti guarda in faccia. Le destre non hanno mai affrontato l’argomento se non con ipocrisia: se la prendono con gli irregolari e mai coi datori di lavoro che li usano. E anche su Dublino c’eravamo noi a battagliare per superare la politica del primo Paese di accesso. Non si fa politica sulla pelle dei migranti tenendoli bloccati in mare o nei porti. Servono meccanismi di redistribuzione, sulla base delle domande di ricongiungimento, se ci sono, o di richieste di ricollocamento. La destra nazionalista non ha mai voluto risolvere il problema. Sono i loro alleati europei che bloccano tutto.
Sui diritti, altri partiti vorrebbero “scippare” i vostri temi. C’è spazio per un dialogo tra opposizioni?
Non sono gelosa delle battaglie, sono convinta che su alcune si possa trovare una convergenza tra le opposizioni. Abbiamo perso tutti le elezioni. Sarebbe irresponsabile non provare a trovare questioni su cui insistere insieme in Parlamento. Penso al salario minimo su cui tutte le opposizioni hanno presentato proposte. Dobbiamo da un lato intervenire con una legge sulla rappresentanza come dicono i sindacati, dall’altro però dire che sotto una certa soglia non è lavoro, ma sfruttamento. Dobbiamo fare molta attenzione alle nuove povertà, io me ne sono occupata a livello regionale. Ho interloquito con il Terzo settore che ha grandi saperi da mettere a disposizione. Mi ha colpito l’identikit dei nuovi poveri tracciato dalla Caritas durante la pandemia: una donna tra i 30 e i 40 anni, italiana con due figli. La risposta non può essere togliere il Reddito di cittadinanza, che è l’unico strumento di lotta alla povertà. Migliorarlo sì, ma dobbiamo evitare di far scivolare nella povertà un altro milione di persone.
Il suo Pd resterebbe a vocazione maggioritaria?
Il nostro Pd riprende contatto empatico con gli elettori. Deve decidere chi rappresentare. Su giustizia sociale, lavoro di qualità e questione climatica dobbiamo avere coraggio di fare scelte precise. Il nuovo Pd non fa accordi con la Libia. Ha il coraggio di abolire la Bossi-Fini. È un Pd che dovrebbe lavorare con il Terzo settore.
Che differenza c’è tra il suo Pd e quello di Bonaccini?
C’è una grande stima reciproca, abbiamo condiviso una grande esperienza di governo. E c’è anche con Gianni Cuperlo e Paola De Micheli. Credo che la migliore promessa che possiamo fare al nuovo Pd è quella di riuscire a lavorare bene insieme anche il giorno dopo il congresso. Corriamo per vincere come Pd e ci sarà una grande sorpresa in termini di partecipazione. Non abbiamo bisogno di un uomo solo al comando.
In realtà il Pd ha avuto sempre le correnti al comando. Oggi sono divise, in maniera trasversale, al fianco di tutti i candidati.
C’è un rimescolamento della partecipazione, non è più il tempo di essere respingenti verso le energie più fresche attraverso meccanismi di cooptazioni correntizie. Una logica che ho sempre rifiutato. Io non ho nessuna intenzione di formare una nuova corrente, anche perché - per fare una battuta - il mio cognome lo impedisce. Siamo qui per aprire un varco e riuscire a far sì che molte persone riescano ad emergere e si ricongiungano con chi in questi anni non si è sentito rappresentato. Come un ricongiungimento familiare. E che ci sia voglia di partecipare lo dimostrano le 19mila persone vere che in poco tempo si sono iscritte alla mia piattaforma.
Dialogherete con la maggioranza sulle riforme? Sul presidenzialismo, sull’autonomia?
Per ora parlerei dell’unica proposta che ha fatto la maggioranza , la forzatura sull’autonomia. Il disegno di Calderoli va rigettato con forza, perché vuole perpetrare le disuguaglianze esistenti. Ma non abbiamo bisogno di dividere ulteriormente il Paese. Serve ben altro. Serve un nuovo welfare di prossimità. Servono politiche per la scuola. Non questa riforma.