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L’Istituto penale per minorenni “Cesare Beccaria” di Milano, «è certamente quello maggiormente interessato dal sovraffollamento». Lo afferma il ministero della Giustizia nella “Relazione concernente la disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei detenuti minorenni” relativa al 2024, appena trasmessa al Parlamento. Alla fine dello scorso anno le presenze dei ragazzi nell’Ipm milanese erano 66 a fronte di una capienza di circa 45 posti. Una gravissima situazione diffusa ovunque in Italia. Infatti, si legge ancora nella Relazione, nel 2024 «si è registrato un consistente incremento di ingressi» negli Istituti Penali per Minorenni «tale da superare ampiamente i livelli pre-pandemia». Nel 2018 il totale degli ingressi era stato 1.132, precipitando a 713 nel 2020, per poi risalire a 813 nel 2021, a 1.051 nel 2022 e 1.142 nel 2023. Nel 2024 si è arrivati a 1.258 con una presenza media giornaliera negli Istituti passata da 320 del 2021 a 556 del 2024. Ma chi sono i detenuti minorenni presenti nel Beccaria? Un po’ a sorpresa nella Relazione non si parla di reati ma della loro vita precedente, di un percorso di fragilità e di violenze subite. «Di questi 66 ragazzi, un’alta percentuale ha un retroterra migratorio e spesso si tratta di minori stranieri non accompagnati, target complesso per le caratteristiche peculiari che lo caratterizza». E, appunto, si segnalano come «certamente particolarmente rilevanti» le «storie di vita pregresse, spesso segnate da eventi traumatici (viaggi estremamente pericolosi, permanenze nei campi di detenzione libici ecc.) ma anche dall’assenza di legami e di una rete di sostegno all’esterno, che accompagni il percorso riabilitativo». Una condizione che, scrive il ministero, «unitamente a frequenti avvicendamenti nella gestione, hanno compromesso gravemente il funzionamento dell’Istituto, rendendo necessario un intervento al contempo eccezionale e strutturale per tornare a garantire la sicurezza dei ragazzi detenuti e degli operatori». Proprio per questo, sottolinea la Relazione, si è ottenuto un finanziamento del Fondo asilo migrazione e integrazione (Fami), per un progetto «che intende migliorare la governance all’interno dell’Istituto “Cesare Beccaria”, incrementare le competenze degli operatori presenti nell’Ipm, supportare i percorsi riabilitativi di minori e giovani adulti cittadini di paesi terzi, sostenere l’attività degli Uffici di servizio sociale per i minorenni (Ussm) lombardi nei percorsi di reinserimento dei minori stranieri in uscita dagli Ipm». Un progetto su cui si punta molto, perché «dovrebbe costituire un laboratorio di sperimentazione il cui prodotto si auspica possa essere esportato e adattato ad altre realtà territoriali». Ma tutto questo potrebbe naufragare a causa dei provvedimenti del Governo che penalizzano proprio i minorenni. Lo ammette lo stesso Ministero. Scrive, infatti, che «sarà importante verificare, nel corso degli anni, se il dl del 15 settembre 2023, n.123, cosiddetto “Decreto Caivano” – che è intervenuto precludendo l’accesso alla messa alla prova per alcuni delitti – produrrà modifiche relativamente alle fattispecie di reati dei giovani che accedono alle misure di comunità». Proprio quanto denunciato dal mondo del volontariato carcerario, dai garanti dei detenuti e dai magistrati, e che farebbe aumentare il sovraffollamento. Ora questo lo troviamo anche nella Relazione che, pur portando la firma del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, come si legge nell’intestazione è stata elaborata dal Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del ministero. Il ministro ha ben altre convinzioni. Lo scorso 3 aprile rispondendo ad un’interrogazione della senatrice di Avs, Ilaria Cucchi ha negato «l’intento “carcerocentrico” dell’attuale amministrazione», ha ammesso che «il comparto minorile vive un frangente di pregnante criticità, dovuto al sovraffollamento». Ma questo, assicura, «non ha minimamente risentito delle modifiche introdotte dal “decreto Caivano”». Nessun dubbio, dunque, in evidente contraddizione col suo Dipartimento.