giovedì 4 luglio 2024
Il presidente delle Acli: la Carta non si cambia con un voto in più. Ed estende il discorso sui limiti della maggioranza al premierato: «No all’uomo solo al comando che fa “asso pigliatutto”»
Il presidente delle Acli, Emiliano Manfredonia

Il presidente delle Acli, Emiliano Manfredonia

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È nel Pantheon delle personalità elencate da Sergio Mattarella che Emiliano Manfredonia, presidente delle Acli, trova il senso più profondo delle parole del capo dello Stato. «Tutto parte da Dossetti, da quella democrazia sostanziale che non è avere un voto in più dell’altro, ma rendere la democrazia effettiva nella vita delle persone». Un concetto che richiama qualcosa di molto più grande e profondo del cercare consensi con qualsiasi mezzo. Perché la democrazia è e resta, innanzitutto, una formidabile impresa formativa. «Il capo dello Stato ha ricordato anche quell’espressione straordinaria di don Milani, “solo la lingua fa eguali”, dice Manfredonia con orgoglio toscano. «È proprio così: più parole insegni, più aiuti una persona a essere protagonista del mondo che vive», prosegue il presidente delle Acli ribadendo la lezione del sacerdote di Barbiana. Occorre rimettere sul banco della scuola, della vita, del lavoro, le parole della democrazia. Questo è fuori dubbio, specie dopo il pomeriggio di ieri a Trieste.

Ma è chiaro che serve anche un passo in più. Il cardinale Zuppi ha espresso incoraggiamento ai credenti che si impegnano in politica. E Mattarella, nel lungo intervento, ha evidenziato a modo suo come talvolta proprio «i cattolici - spiega Manfredonia - abbiano commesso l’errore di intendere la partecipazione come un parteggiare». Questo, continua il presidente delle Acli, ha creato una «timidezza» nell’esporsi sulla scena pubblica.

Una fase (forse) superata: «Vedo un risveglio del mondo cattolico. Non c’è più questo pudore verso chi si candida». Insomma, si è compreso che esserci è importante, e che non esserci è stato un errore. Tuttavia, manca il passo successivo. «È l’accompagnamento - spinge Manfredonia -. Ci sono vari modi. Possiamo farlo noi, come associazioni. Ma credo tocchi anche ai partiti, che devono iniziare a dare più spazio a una linea di pensiero importante per il Paese». Quale linea di pensiero? «Lo sguardo sulle persone, la centralità delle relazioni comunitarie, le politiche che hanno come fine la promozione umana, di questo la politica ha bisogno come il pane».

Certo non è sfuggito a Manfredonia, e ai 900 delegati, il forte richiamo ai «limiti» che sono imposti anche a chi ha la maggioranza. Impossibile non pensare al merito e al metodo delle riforme costituzionali. «Più governi - dice il presidente delle Acli - si sono subito buttati subito sulla Costituzione, ma nessuno si è impegnato tanto negli ultimi 30 anni a renderla visibile, questa Carta ancora giovane, nella vita delle persone». L’opinione di Manfredonia è che il richiamo di Mattarella si realizza anche nella necessità di «non cambiare la Costituzione perché si ha un voto in più». Si può intervenire sulla Carta ma con un lavoro da cui non possono essere escluse le minoranze politiche, le imprese, le parti sociali, le associazioni. «Gli strappi fanno male».

E anche il premierato a Manfredonia pare uno strappo: «La democrazia è complessità e invece la si vuole semplificare al punto che, pur con partecipazioni bassissime al voto, un uomo solo al comando si prende tutto, si porta dietro il Parlamento e tutto ciò che il Parlamento concorre a nominare, compreso il presidente della Repubblica». Con un limite di due mandati, però, per il premier. «Ma se vale sempre e solo la logica della maggioranza - chiude Manfredonia - anche quel limite può essere superato con un voto».

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