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«Se c’è il diritto a una legittima difesa, va anche considerato legittimo il diritto alla difesa della pace. Per questo papa Francesco ha condannato il possesso delle armi nucleari, definendolo immorale. Senza la pace è tutto perduto; la guerra è la madre di tutte la povertà. Solo l’artigianato della pace fa sì che possano lavorare, poi, gli architetti di pace». Così il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei, all’incontro di sabato a Bologna per affrontare l’interrogativo “Armi nucleari: che fare?”. E la risposta è uscita forte e chiara: una richiesta di totale disarmo nucleare per tutti i Paesi.
Ancora una volta numerose realtà del mondo cattolico e dei movimenti ecumenici e nonviolenti, da Bologna hanno chiesto a gran voce che il Governo italiano ponga con urgenza all’ordine del giorno la ratifica del “Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari”, ad indicare che il nostro Paese «non vuole più armi sul proprio territorio». Un processo in cui il Sud del mondo, come ha evidenziato Marco Francioni della Comunità di Sant’Egidio, è più avanti dell’Europa e dell’Italia, che prende «decisioni di morte» impegnandosi ad aumentare ancora la spesa militare, fino al 2% del Pil. Ricordando don Primo Mazzolari, antesignano dei movimenti per la pace, don Luigi Pisani ha ribadito che solo promuovendo una cultura del dialogo nell’opinione pubblica, anche la politica non potrà restare insensibile.
Gli appelli ai governanti non sono mancati. I Focolari, per voce dei co-responsabili Cristina Formosa e Gabriele Bardo, hanno citato le numerose manifestazioni che si sono succedute, definendo questo un «cammino irreversibile». Ha fatto eco Emiliano Manfredonia, presidente delle Acli, ribadendo il ruolo fondamentale dei movimenti nell’interrogare le coscienze, partendo dalle proprie basi associative. Come ha ricordato poi il cardinale Zuppi, queste realtà rappresentano decine di migliaia di persone, di “artigiani di pace”. «Un mondo libero dalle armi nucleari è possibile e necessario», ha affermato Zuppi, citando il messaggio della Santa Sede del 21 giugno 2022 in occasione della «prima riunione degli Stati Parte al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari». Un trattato che, per Zuppi, non è un mero atto giuridico, ma «un impegno morale». E rammentando il prossimo, primo anniversario dell’esplosione del conflitto in Ucraina, ha osservato come una pace che derivi da un riequilibrio degli armamenti non è vera pace, perché è «meglio una pace iniqua che una guerra equa», ha detto citando Erasmo e invitando i presenti a guardare a «un grande futuro», perché «politica e profezia servono entrambe».
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