Un momento dei funerali di Indi Gregory nella cattedrale di San Barnaba a Nottingham - A. Napoletano
La bandiera dell’Italia e un cuscino di fiori tricolore accanto a una piccola bara bianca. È il fermoimmagine della cerimonia di ieri tenuta alla cattedrale San Barnaba di Nottingham per l’ultimo saluto a Indi Gregory, la bambina inglese, affetta da una gravissima malattia mitocondriale, morta lo scorso 13 novembre dopo la sospensione dei trattamenti vitali disposta dall’Alta Corte di Londra.
Nei dettagli della funzione c’è la sintesi di una storia triste che ha catturato l’attenzione degli italiani ma che nel Regno Unito è passata quasi inosservata. Il ciondolo, la candela e il cuoricino di lana rosa intrecciato all’uncinetto allegati al libretto delle preghiere hanno ricordato che Indi, nata lo scorso 24 febbraio, era poco più che una neonata. Nella foto del suo visino paffuto ai piedi di dell’altare sono visibili i tubicini nel naso che per otto mesi, tanto è durata la sua breve vita, l’hanno aiutata a respirare. Ricoverata sin dalla nascita al Queen’s Medical Center di Nottingham per una sindrome che la privava dell’energia necessaria a crescere aveva bisogno di un ventilatore meccanico che le iniettasse aria nei polmoni.
Il supporto vitale che le è stato tolto per sentenza l’11 novembre in un hospice del Derbyshire. Il suo feretro è entrato in chiesa sulle spalle di papà Dean, protagonista della battaglia legale con cui i Gregory, supportati dal Christian Legal Center, hanno invano cercato di contestare l’ordine di sospensione dei trattamenti disposto “nel suo migliore interesse”. La mamma, Claire Staniforth, seguiva la bara mano nella mano ad Oliva, sei anni, la più piccola delle sorelle di Indi. Nel corteo che si è fatto largo nella gelida cattedrale, tra amici e parenti, c’era anche Hollie Dance, la madre di Archie Battersbee, il dodicenne di Southend-on-Sea morto anche lui per sospensione dei trattamenti vitali il 6 agosto del 2022.
La vicenda di Indi è drammaticamente simile a quella di altri minori, gravemente disabili o ammalati, a cui l’Alta Corte, incalzata dalle direzioni sanitarie degli ospedali pubblici, ha deciso di staccare la spina contro la volontà delle famiglie. Charlie Gard, Alfie Evans, Isaiah Haastrup e Alta Fixsler sono solo alcuni dei nomi più famosi. Ciò che ha reso il caso della piccola Gregory diverso dagli altri è stato l’interventismo del governo italiano che, dopo averle concesso la cittadinanza, ha mosso mari e monti per ottenerne il trasferimento al Bambino Gesù di Roma.
A rappresentare il governo, ieri, a Nottingham c’erano la ministra per la disabilità, Alessandra Locatelli, e la ministra per la famiglia, Eugenia Roccella. «Noi pensiamo che la malattia se non può essere guarita possa almeno essere curata», ha sottolineato Roccella. «Rispettiamo con sincerità la decisione dei giudici – ha aggiunto -. La giustizia, nel Regno Unito come in Italia, è indipendente dall’esecutivo». Dall’Italia è arrivata per il funerale anche una delegazione di Pro Vita e Famiglia che ha consegnato ai Gregory una raccolta di messaggi di solidarietà e affetto inviate da decine di migliaia di italiani.
A bara chiusa non resta che la preghiera. Per Indi è arrivato anche un messaggio di Papa Francesco per mezzo della Segreteria di Stato Vaticana a sottolineare che il Pontefice «si unisce a quanti sono riuniti per il suo funerale nel ringraziare Dio Onnipotente per il dono della sua vita troppo breve». La sua storia della piccola inglese, ha sottolineato durante l’omelia Patrick McKinney, vescovo di Nottingham, è stata un’occasione per riflettere «su quanto la vita sia preziosa, sulla dignità del dolore, sul rispetto per la malattia».
Papà Dean, 35 anni, non è riuscito per la commozione a leggere di persona il messaggio che aveva preparato. A pronunciarlo per suo conto è stato il parroco di Ilkeston, la cittadina in cui vivono i Gregory. «E’ stata la determinazione con cui Indi lottava per la vita ad avermi dato dato la forza di fare tutto il possibile perché vivesse», ha letto, «Dio l’ha scelta perché era forte, bella e speciale». «Ti amerò per sempre», ha concluso. Poi, l’ha lasciata andare, come nelle favole a lieto fine, su una carrozza trainata da un cavallo bianco.
Il telegramma di Meloni.
La premier italiana Giorgia Meloni ha inviato ai genitori di Indi un messaggio per esprimere affetto e vicinanza: «Oggi avete accompagnato la vostra piccola per l'ultima volta. Indi ha vissuto su questa terra poco più di otto mesi. Poco, troppo poco, ma tanto è bastato a vostra figlia per ricordare al mondo che ogni vita, ogni singola vita, anche la più imperfetta per i canoni del mondo, è un tesoro da custodire. Da proteggere. Da salvare. Fino all'ultimo istante. Indi ha vissuto quasi tutta la sua vita in un letto di ospedale. Eppure Indi ha vissuto una vita piena. Si è lasciata amare e ha amato. Ha illuminato chi le stava accanto, ha riempito di senso la vostra vita. E quella di tantissimi altri. Oggi abbiamo salutato la vostra, la nostra, piccola leonessa. L'Italia è la sua seconda Patria e consideriamo Indi parte della nostra famiglia, un po' come la più piccola di casa da coccolare. Da oggi non sarà più tra le vostre braccia e non potrete più rimanere incantati davanti al suo sorriso, ma Indi continuerà a vivere. Perché, come ci ha insegnato Chiara Corbella Petrillo, siamo nati e non moriremo mai più. Dean e Claire, siete un esempio. E noi vi vogliamo bene».