Altro che retromarcia sul "metodo Genova". Beppe Grillo difende a spada tratta la mossa con cui è stata cancellata la votazione che aveva visto trionfare la ribelle Marika Cassimatis come candidata nel capoluogo ligure. Il leader scende a Roma proprio con l’intento di blindare una decisione che ha provocato una valanga di accuse degli altri partiti e, soprattutto, più di un mugugno dentro la galassia pentastellata. «Non c’è un problema di metodo, che è giustissimo, è tutto spiegato nel blog», replica il numero uno del Movimento 5 Stelle alle domande dei cronisti all’uscita dall’hotel prediletto per i soggiorni capitolini. «Io sono il garante», ribatte a chi gli fa notare che un suo intervento dovrebbe avvenire solo in casi estremi. Parole a cui segue una motivazione più dettagliata nel pomeriggio. Il fondatore, infatti, si muove dall’albergo per partecipare a un convegno sull’acqua pubblica organizzato a Montecitorio da alcuni esponenti del M5S.
In una pausa, il capo aggiunge: «Una democrazia senza regole non è una democrazia, noi abbiamo le nostre regole. Io sono il garante e le faccio rispettare». Il dissenso, secondo Grillo, si risolve facilmente: «Chi non è d’accordo si faccia un altro partito». È un riferimento a quanto sta accedendo in queste ore sia sul territorio sia nei Palazzi romani della politica. Da una parte, infatti, c’è il tentativo del sindaco di Parma Federico Pizzarotti, che sta chiamando a raccolta i fuoriusciti per aderire a un progetto alternativo da lanciare dopo la prossima tornata di Amministrative. Dall’altra parte, qualcosa si sta muovendo pure in Parlamento, dove il gruppo Alternativa Libera, capeggiato dal deputato Massimo Artini, ha votato il suo statuto e sta provando a coinvolgere una platea che vada oltre un gruppetto di ex grillini. Ecco, con le sue dichiarazioni, Grillo sembra voler sfidare questi 'Movimenti embrionali' per farli uscire allo scoperto.
«Più che paura, queste iniziative mi fanno ridere perché sono destinate al fallimento ancor prima di nascere....», scherza il comico con i suoi fedelissimi. Il messaggio è rivolto indirettamente anche alle voci critiche che si sono alzate nelle ultime ore. Il deputato Matteo Mantero, ad esempio, ha definito quella di Genova «una situazione imbarazzante, con una guerra tra bande in corso». La trasferta romana di Grillo, allora, serve anche a mostrare (soprattutto in apparenza) una pattuglia granitica. Non a caso – proprio mentre circolavano indiscrezioni di un Alessandro Di Battista perplesso di fronte al colpo inferto al voto degli iscritti su Genova – a favore di telecamere si consuma un abbraccio caloroso tra Grillo e il parlamentare romano nell’auletta dei gruppi di Montecitorio. Come a dire che malumori e polemiche «sono solo invenzioni di stampa ». Ai big del Movimento tocca l’arduo compito di giustificare l’allontanamento di Cassimatis. La linea è chiara. Proprio Di Battista parla di un’azione volta «a evitare infiltrazioni » per liberarsi in anticipo delle «mele marce». Altri termini, ma concetto identico a quello che esprime Luigi di Maio. «In molti territori arrembano personaggi strani che vogliono salire sul carro dei vincitori, dobbiamo stare molto attenti a selezionare la nostra classe dirigente», avverte il vicepresidente della Camera, ospite del programma di Raitre 'Carta Bianca'.
Alla partecipazione televisiva segue un incontro serale tra Di Maio e Grillo in hotel. Il capo genovese, infatti, sceglie di non partecipare all’assemblea congiunta dei suoi eletti, nella speranza che il diktat pronunciato in giornata sia stato sufficiente a placare le contestazioni interne. Si preferisce organizzare dei mini-vertici ristretti, per provare a fermare un effetto domino che sembra essere scattato dopo il pasticcio genovese. Un caso spinoso – e che rischia di mettere in difficoltà il Movimento – arriva da Piacenza, dove ci sono due liste a contendersi la candidatura. Entrambe sono ancora in attesa di sapere quale sarà la preferenza dei vertici.