Alessandra Todde - Fotogramma
Presentare ricorso nel più breve tempo possibile per sospendere l’efficacia dell’ingiunzione di decadenza, per mettere al riparo gli atti che saranno assunti dagli organi amministrativi della Sardegna e per consentire al Consiglio regionale di congelare ogni decisione. La strategia di Alessandra Todde è pressoché obbligata ed è condivisa sia dalla maggioranza che la sostiene in Regione sia dai leader nazionali del Pd e di M5s, Elly Schlein e Giuseppe Conte. Mentre i partiti di centrodestra, sorpresi anch’essi dall’accelerazione imposta dal collegio di garanzia della Corte d’appello di Cagliari, oscillano tra l’attendismo prudente e la voglia di tornare presto alle urne.
«Sono serenamente al lavoro – ha cercato di rassicurare ieri, dopo il vertice di maggioranza, la governatrice sarda, colpita venerdì dal provvedimento con cui si avvia l’iter per la decadenza -. L'atto amministrativo arrivato dalla Corte d'Appello sarà gestito dai miei avvocati. Ribadisco la piena fiducia nei confronti della magistratura e nei confronti del comitato che mi ha rappresentato per le elezioni. Ho la piena motivazione e legittimazione a continuare a lavorare per i sardi e così farò».
Legittimazione, parola chiave. Todde può continuare a lavorare come governatrice della Sardegna dopo l’ordinanza-ingiunzione in cui le vengono imputate irregolarità nella rendicontazione delle spese di campagna elettorale? L’esponente M5s non ha dubbi: «Il tema della legittimazione non si pone, ripeto, nella misura in cui non ci sono atti definitivi». In effetti, almeno questo sembra essersi chiarito, dopo il gelo calato su Todde e sulla maggioranza di centrosinistra che a febbraio 2024, a sorpresa, ha conquistato la Sardegna: l’ultima parola sulla decadenza spetta al Consiglio regionale. Ma per evitare che i deputati sardi smentiscano la Corte d’appello che ha rilevato le irregolarità, si seguirà un percorso rigoroso: la governatrice presenterà ricorso, poi all’esito del ricorso entrerà in gioco l’organo politico, che è anche, in questo caso, organo decisionale.
Ma ricorso dove? Al Tar? Al tribunale ordinario? I legali ancora non hanno deciso. «La situazione a prima vista mi pare assurda – spiega l’avvocato incaricato, Benedetto Ballero -, perché non c'è nessuna irregolarità sostanziale, ma ci sono delle irregolarità formali che possono determinare sanzioni pecuniarie, ma non certo la decadenza». Ballero parla di «brufolino» che non giustificherebbe «un’invasione del risultato elettorale». Dal punto di vista giudiziario le valutazioni sono in corso, dal punto di vista politico invece la sensazione è che Todde possa chiamare in causa, se messa alle strette, i responsabili del comitato elettorale.
Nelle dieci pagine dell’ingiunzione, si contestano mancati adempimenti che in effetti sono il pane quotidiano di chi fa campagne elettorali, e dunque stupisce siano stati trascurati. Secondo il collegio elettorale la dichiarazione relativa alle spese elettorali della presidente Todde non sarebbe «conforme» a quanto sancito da due norme, la legge nazionale 515 del 1993 e la regionale 1 del 1994 che la recepisce. In secondo luogo «non risulta essere stato nominato il mandatario, la cui nomina deve ritenersi obbligatoria». Todde ritiene che, per il tipo di campagna elettorale che aveva impostato, non fosse necessario avere un mandatario, ma il fatto lascia perplessi. Ancora, si legge nel documento, «non risulta essere stato aperto un conto corrente dedicato esclusivamente alla raccolta dei fondi». E poi, quarto punto, «non risulta l'asseverazione e la sottoscrizione del rendiconto da parte del mandatario che avrebbe dovuto essere nominato». Secondo il collegio, ancora, «non è stato prodotto l'estratto del conto corrente bancario o postale» e «non risultano dalla lista “movimenti bancari” i nominativi dei soggetti che hanno erogato i finanziamenti per la campagna elettorale». Infine l’ultimo punto: non sarebbe chiaro su quale conto siano state indirizzate le donazioni raccolte attraverso PayPal, somme comunque non rilevanti. Tra le contestazioni, anche una fattura Enel da 153,16 euro, intestata a Todde e datata 11 gennaio 2024. Riguardava la sua sede elettorale, ma non è stata depositata agli atti. Documenti che ora sono anche all’attenzione della procura.
Non sono proprio leggerezze. E nel mirino è soprattutto l’operato del comitato elettorale di M5s, dal cui rendiconto, firmato dal senatore Ettore Licheri, non si riuscirebbe a capire se spese ed entrate riguardavano Todde o i candidati M5s. La movimentazione complessiva sarebbe di oltre 90mila euro in entrata e in uscita. Ora il tema è se tutto ciò può essere sufficiente ad annullare il risultato elettorale di febbraio 2024. Il silenzio prudente del governo sembrerebbe essere al momento coerente con il concetto, sempre espresso dalla premier, che la sovranità popolare va messa dinanzi a ogni altra valutazione. Ma, avverte il forzista Maurizio Gasparri, «non faremo sconti» di fronte a «palesi irregolarità». Il capo degli azzurri in Sardegna, Pietro Pittalis, è ancora più netto: «Todde faccia un passo indietro». Il partito di Tajani, se si tornasse davvero al voto, avrebbe l’opportunità di indicare il candidato, dopo che Lega e FdI hanno avuto la loro chance nelle scorse competizioni. Ma sono valutazioni premature.