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Stampa e televisione dedicano molto spazio agli eventi climatici estremi, come siccità e anomalie nelle precipitazioni, ma riservano scarsa attenzione al riscaldamento del pianeta e alle cause della crisi climatica. Addirittura, il 20% delle notizie diffuse dai più importanti quotidiani e telegiornali nazionali «fa da megafono ad argomentazioni contro la transizione energetica e le azioni per mitigare il riscaldamento globale». Lo rileva l’ultimo report che Greenpeace Italia ha commissionato all’Osservatorio di Pavia, istituto di ricerca specializzato nell’analisi della comunicazione. Dal monitoraggio dei media, che riguarda il primo quadrimestre 2023 e che quest’anno, per la prima volta, analizza anche le testate d’informazione più seguite da Instagram, Avvenire risulta al primo posto tra i maggiori quotidiani del Paese a parlare di crisi climatica (5,2 punti su 10). Oltre a questo parametro, la classifica viene stilata anche in base ad altri 4 capitoli: la citazione dei combustibili fossili tra le cause; quanta voce hanno le aziende inquinanti; quanto spazio è concesso alle pubblicità di queste ultime; se le redazioni sono trasparenti rispetto ai finanziamenti ricevuti dalle aziende inquinanti. Detto di Avvenire, che, per Greenpeace, «è l’unico che si è avvicinato alla sufficienza», ecco gli altri giornali: «Scarsa La Stampa (4,2), bocciati la Repubblica (3,6) e Il Corriere della sera (3,4), pessimo Il Sole 24 Ore (appena 2,8)». I quotidiani hanno pubblicato in media «2 articoli al giorno» in cui si fa almeno un accenno alla crisi climatica, ma quelli realmente dedicati al problema «sono stati meno della metà». Inoltre, «meno di una volta al mese» la tematica entra in prima pagina.
A proposito di giornali: si parla anche dell’«elevato spazio offerto alle pubblicità dell’industria dei combustibili fossili e delle aziende dell’automotive, aeree e crocieristiche, tra i maggiori responsabili del riscaldamento del pianeta: la media è stata di 4 pubblicità a settimana su ogni quotidiano esaminato». L’influenza del mondo economico sulla stampa, dice Greenpeace, emerge anche dal fatto che a raccontare la crisi climatica sono quasi sempre imprenditori (25%), politici e istituzioni (15%); rispetto ad associazioni ambientaliste (11%) e scienziati (appena il 7%).
Anche i telegiornali, lamenta Greenpeace, si confermano poco interessati all’argomento: nelle edizioni di prima serata, meno del 2% delle notizie ha fatto almeno un accenno alla crisi climatica. «Gli argomenti più trattati sono stati gli eventi estremi e le proteste degli attivisti. A parlare però sono stati soprattutto politici e istituzioni. Il Tg5 (con il 2,7% sul totale delle notizie trasmesse) e il Tg1 (2,4%) sono i telegiornali che hanno dato più spazio ai cambiamenti climatici, mentre fanalino di coda si è confermato il Tg La7 con appena l’1,1% delle notizie trasmesse». Per quanto riguarda le testate più diffuse su Instagram, le notizie sulla crisi climatica «sono state poco meno del 3%».
«Il risultato più sconcertante del rapporto» è però «l’elevato numero di notizie, più di una su cinque, che hanno diffuso argomenti a favore dello status quo e contro le azioni per il clima, come sostenere che la transizione ha costi eccessivi o invocare una gradualità negli interventi che favorisce l’inazione, criticare gli attivisti climatici o le auto elettriche - dichiara Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia -. Sono narrative tossiche, spesso infarcite di fake news», che circolano soprattutto «per bocca di politici e aziende interessate a ritardare il più possibile l’abbandono dei combustibili fossili, essenziale per non soccombere a un’altalena di alluvioni, siccità e ondate di calore sempre più estreme. Sui media – conclude Sturloni - il clima rischia di trasformarsi in un terreno di scontro politico e a farne le spese saranno purtroppo le persone più esposte al caos climatico già sotto gli occhi di tutti».
Tutti i report sono scaricabili all'indirizzo: https://drive.google.com/drive/u/0/folders/1Bk55sYJtctEAgyrBkStgjPX60krOVIaI