Una delle immagini in cui è mostrata la costa e la motovedetta di Malta nel corso del respingimento verso Pozzallo - Archivio
Lo scontro tra Italia e Malta non ha precedenti. Il rifiuto dei soccorsi e il respingimento di 178 migranti verso la Sicilia è avvenuto in segreto: «Le autorità italiane non erano a conoscenza». I fatti corrispondono «alle inchieste giornalistiche dei quotidiani Avvenire e The Guardian». E per la prima volta arriva un’accusa a Tripoli, che come Malta ha taciuto.
Rispondendo a due interrogazioni parlamentari, il ministero degli Esteri ha chiarito la posizione italiana riguardo al respingimento di barconi nei giorni di Pasqua. Modalità contestate «sia a livello bilaterale sia in ambito europeo». Dopo oltre una settimana di silenzio, interrotto solo dal ministro Luciana Lamorgese che aveva confermato di avere interessato Bruxelles e di essersi lamentata con il suo omologo a La Valletta, adesso il governo attacca i militari de La Valletta che «spesso si sono sottratti agli obblighi previsti dalle Convenzioni internazionali».
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Lungo il Canale di Sicilia si disputa un braccio di ferro che vede i più vulnerabili schiacciati tra interessi opposti. «Malta, per prassi, considera l’esistenza di una situazione di emergenza in mare – ha spiegato il viceministro degli Esteri, Marina Sereni – solo nei casi in cui un’imbarcazione sia effettivamente in imminente rischio di naufragio, e solo se abbia avanzato esplicita richiesta di soccorso». Ma per il diritto marittimo ogni mezzo navigante in difficoltà merita un intervento immediato. Nei casi denunciati dalla stampa e da Alarm Phone «questo approccio ha portato le autorità maltesi, intervenute sul luogo dell’emergenza con propri pattugliatori militari, a limitarsi a rifornire l’imbarcazione di carburante, giubbotti di salvataggio e addirittura di un nuovo motore, e a indicare la rotta per l’Italia».
Rispondendo ai parlamentari, il ministero ha confermato molte delle altre denunce sollevate in questi anni dalla stampa, da Alarm Phone, dalle organizzazioni non governative e da molti investigatori, a proposito dell’effettiva capacità di Malta di controllare un’area di ricerca e soccorso vastissima (estesa circa 750 volte le dimensioni dell’isola) e soprattutto sulle continue violazioni del diritto internazionale riguardo alla classificazione dei casi di “distress”.
Secondo le norme marittime, ogni imbarcazione sovraffollata e senza un vero equipaggio titolato è da ritenere in “distress”, cioè a rischio naufragio. Di conseguenza le autorità devono intervenire tempestivamente per impedire che le persone possano finire in acqua e perdere la vita. Al contrario Malta respinge questa definizione, tanto da non avere siglato i vari aggiornamenti alle convenzioni internazionali sugli interventi in mare, ritenendo caso di “distress effettivo” solo quelli in cui le persone cadano effettivamente in acqua. Normalmente, troppo tardi per un salvataggio.
“La condotta delle autorità maltesi in questa circostanza è in linea con un atteggiamento purtroppo non nuovo. Le autorità de La Valletta - si legge - si sono spesso sottratte agli obblighi previsti dalle Convenzioni internazionali in materia di soccorso in mare". Il governo, che non manca di passaggi autoassolutori, mette in discussione la Sar Maltese lasciando intendere di essere disposto a sopperire a un ridimensionamento dell’area di pattugliamento de La Valletta, in favore di una estensione della giurisdizione italiana. Per il ministero degli Esteri corrisponde al vero che l’11 aprile il barcone con 101 migranti è stato rifornito di giubbetti di salvataggio, carburante “e addirittura di un nuovo motore” per raggiungere l’Italia.
Ancora più cocente dev’essere stata ritenuta l’omertà di Tripoli. La Farnesina conferma infatti il contenuto della comunicazione dell’agenzia Ue Frontex ad Avvenire: tutti gli Stati costieri erano informati della posizione in cui si trovavano i barconi, compreso quello lasciato alla deriva e con 51 supertstiti poi riportati a Tripoli (12 morti). Roma da anni equipaggia, finanzia e talvolta supervisiona gli interventi dei guardacoste libici. Ma quando in mare c’era il barcone con 101 persone poi spinto verso Pozzallo, «nessuna notizia relativa all’imbarcazione era stata condivisa dalle autorità maltesi e/o libiche, nemmeno per richiedere assistenza e cooperazione nel soccorso». La riprova, stavolta per le vie formali, che la cosiddetta Guardia costiera libica non è affidabile.
Per Michele Anzaldi (Iv) primo formatario di una delle due interrogazioni, si tratta di «un’ammissione gravissima, la conferma di uno scoop che ha rivelato un imbroglio in violazione dei trattati internazionali, delle leggi e della vita delle persone, che non vengono soccorse e vengono messe ancora più a rischio. Un vero e proprio respingimento, un dirottamento di Stato», conclude annunciando iniziative all’Europalramento. Dello stesso tenore la reazione di Yana Ehm, che con altri tre parlamentari di M5s aveva chiesto chiarimenti al governo e che adesso coinvolgerà i pentastellati a Bruxelles: «Purtroppo il ministero ha confermato che La Valletta si sottrae spesso agli obblighi previsti dalle Convenzioni internazionali in materia di soccorso in mare e l’Italia si è già espressa in maniera formale per contestare questo comportamento».
E mentre non si fermano gli sbarchi (51 ieri sera a Lampedusa) Alarm Phone ha lanciato un nuovo Sos per 46 migranti alla deriva in area maltese: «Nessuno li sta ancora soccorrendo».