«Bersani non si è ancora accomodato in tribuna. Per ora resta in panchina...». La sintesi dei consulenti di Napolitano dice tutto circa la formula originale scelta dal capo dello Stato: «Le consultazioni hanno dato esito non risolutivo». È una bocciatura del segretario, ma non totale, non definitiva. Il presidente della Repubblica di fatto si è preso 24 ore per capire se il "doppio registro" concordato il 22 marzo con Bersani (governo da una parte, larghe intese sulle riforme istituzionali dall’altra) ha ancora motivo di esistere o se occorre passare subito al piano-B, ad un esecutivo di scopo sotto tutela del capo dello Stato. In quella dichiarazione d’intenti, «prenderò senza indugio iniziative per accertare personalmente gli sviluppi possibili del quadro politico-istituzionale», c’è una road-map precisa: risentire uno ad uno Berlusconi, Grillo e Monti, per capire se davvero bisogna passare oltre. Avverrà già oggi: alle 11 al Colle salgono Pdl e Lega, alle 16 M5S, alle 17 Scelta civica, alle 18 Pd-Sel (per compiere lo stesso iter Bersani ci ha messo 72 ore, senza contare i 3 giorni con le parti sociali).Nessuno al Quirinale nasconde che il nodo è il dialogo con il Cavaliere. Bersani non l’ha spuntata, non è riuscito ad ammorbidire la richiesta di eleggere come prossimo capo dello Stato un uomo di centrodestra. Gianni Letta, se non lo stesso Berlusconi. Napolitano ora si propone come una sorta di garante sul metodo con cui verrà scelto il nuovo presidente della Repubblica. Vuole capire se quelle «preclusioni e condizioni inaccettabili» cui ha accennato il segretario Pd siano irrisolvibili, se «l’attuale stallo è superabile o meno», dice lo staff del presidente. Insomma, a forzare le interpretazioni, potrebbe anche lui provare ad individuare un profilo per il Quirinale buono per tutti, una personalità fuori dalla contesa degli ultimi venti anni. Di certo il presidente ha due domande secche da porre a Berlusconi: «Davvero il governo-Bersani può partire solo indicando ora il futuro capo dello Stato? La stessa condizione la vuoi porre anche per dare il via ad un governo di scopo?». In caso di due «si», Napolitano capirebbe che resta solo il voto.Se la sua mediazione riuscisse, il governo-Bersani in linea teorica potrebbe ancora partire con quella strana formula del sostegno montiano-leghista e dell’uscita dall’Aula del Pdl, che il capo dello Stato vorrebbe vedere certificata da un pronunciamento formale. Ma è un’ipotesi sempre più remota, per certi aspetti la mossa del capo dello Stato sembra finalizzata a concedere una resa onorevole alla ferrea volontà del leader democratico. E la cosa non entusiasma per nulla il Pdl, che avrebbe preferito passare direttamente oltre il segretario Pd: «Napolitano l’ha voluto mettere sotto tutela passando il cerino a noi», dicono seccati da via dell’Umiltà.Tuttavia, è probabile che stasera, dopo l’ultimo faccia a faccia con Bersani, Napolitano convochi per domani il nuovo premier incaricato. I nomi sono noti: Amato, Grasso, Saccomanni, Cancellieri, Severino, Barca. Personalità giuridico-economiche da far giurare in tempi-record e mandare direttamente dinanzi alle Camere, senza perdere altro tempo. Con un dubbio atroce che invade le stanze del Quirinale, e in fondo motiva le ulteriori 24 ore dedicate alla verifica della "strada-Bersani": che utilità ha un "governo del presidente" con il presidente in scadenza? E poi: Pd e Pdl sono davvero disposti a rompere il muro dell’incomunicabilità e a interrompere la corsa verso il voto immediato? Ieri sera, dalle sale illuminate del Quirinale, il "miracolo" non era più dare un governo al Paese, ma spostare le urne a ottobre.