In piazza del Viminale, nel palazzo del Ministero dell’Interno, il lavoro ferve come di consueto. Il ministro Anna Maria Cancellieri è nel suo ufficio al secondo piano, impegnata a discutere col suo staff le questioni di giornata. Lo stile è quello di sempre, appassionato e concreto nelle azioni ma parco di parole. E il galateo istituzionale, che il prefetto Cancellieri conosce profondamente, impone di non commentare in alcun modo i rumors che la vorrebbero fra i candidati ipotizzati dal Colle a guidare un governo di scopo, capace di aggregare attorno a sé i voti di una composita maggioranza parlamentare.
Chi la conosce e la stima da tempo, ammette con prudenza: «Restiamo in attesa...». E si concede una garbata battuta, ricordando che sarebbe la degna conclusione di un cursus honorum partito mezzo secolo fa proprio da Palazzo Chigi, visto che la settantenne Cancellieri iniziò la propria carriera di civil servant, ancor prima della laurea in Scienze politiche, prestando servizio a soli 19 anni presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Lontana da logiche di schieramento (è uno dei ministri dell’esecutivo Monti che non ha ceduto alle sirene di una candidatura alle urne), l’attuale titolare dell’Interno inoltre conosce a menadito la legge elettorale e ciò potrebbe essere una garanzia, in caso di una eventuale riforma della legge prima del ritorno alle urne.
Oltre al suo nome (evocato anche a proposito della successione al Quirinale), negli ultimi giorni circolano quelli del presidente della Corte Costituzionale Franco Gallo o di altri autorevoli giuristi (Enzo Cheli, Valerio Onida, Piero Alberto Capotosti o i più caratterizzati a sinistra Stefano Rodotà o Gustavo Zagrebelsky), ma anche quelli di due economisti che potrebbero far comodo nell’attuale congiuntura: il direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni, e il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini. Ma c’è pure chi punta sull’ex magistrato, e già presidente della Camera Luciano Violante, fra i pochi a sinistra ad avere un dialogo costante col centrodestra (non ha mai invocato l’eliminazione «per via giudiziaria» del Cavaliere) e mediatore nel recente tentativo, poi non riuscito, di dare al Paese una nuova legge elettorale (con l’omonima «bozza Violante»).
Nell’ampia rosa figurano pure il ministro uscente alla Coesione regionale, Fabrizio Barca (economista di vaglia, già alla Banca d’Italia e al Tesoro con Carlo Azeglio Ciampi), vicino al centrosinistra e molto stimato a Bruxelles. All’eventuale governo (nella speranza che riesca a coagulare attorno a sé, sulla falsariga dell’esperienza montiana, i voti parlamentari delle forze politiche più rappresentative) toccherebbe il gravoso mandato di traghettare il Paese fuori dalle secche della crisi economica, ma anche quello di far sintesi delle proposte di riforma elettorale e istituzionale (taglio dei costi della politica, ridimensionamento del numero di parlamentari e delle autonomie locali), in un tempo che potrebbe essere comunque non superiore ad un anno. C’è chi sostiene infatti che, per dare un orizzonte di lavoro ragionevole al governo di scopo, la data per le prossime elezioni potrebbe essere fissata subito dopo le Europee del maggio 2014.