«Ci viene raccontata tutti i giorni un’Italia allo sbando. Questa rappresentazione non ce la meritiamo e i cattolici non possono consentirla. Perché sono tanti i piccoli imprenditori, i padri di famiglia che si rimboccano le maniche. Insomma le risorse per recuperare il "sogno" cui fa riferimento Bagnasco ci sono tutte». Edoardo Patriarca, segretario del Comitato organizzatore delle Settimane sociali, ripercorre la prolusione di ieri del presidente della Cei e si sofferma sull’
I have a dream finale del porporato.In quest’opera c’è bisogno dei cattolici, che però all’esponente cattolico da sempre impegnato nel sociale e nell’educazione – come scout, insegnante, in passato portavoce del Forum del Terzo settore e oggi consigliere del Cnel, dell’Agenzia per le onlus e di Scienza&Vita – sembrano «in questo passaggio della vita del Paese un pochino troppo accomodati e silenti nelle rispettive case in cui operano. Un colpo d’ala, un rizzare le schiene è urgente. Le vie di mezzo non sono più consentite», scandisce. Per questo, concorda con l’analisi, ci vorrebbe l’impegno di credenti coerenti e coinvolgenti, uomini e donne motivati e «che emozionino soltanto a guardarli e ascoltarli», persone di fede capaci di «una passione civile, che oggi non si trova quasi più».
Cosa fare per passare dagli appelli alla riconciliazione all’agire?Per aprire una stagione di confronto a partire dai temi che stanno a cuore a persone e famiglie, va recuperato il senso dell’azione politica. Essa non esiste, se non è utile al bene comune. Molto del contrasto ideologico e del chiacchierìo sciocco cui assistiamo è dovuto proprio a questo.
Come realizzare questo «sogno» di una «generazione nuova» con la passione per la cosa pubblica?Il sogno, dico sempre ai ragazzi, è vero se s’inizia a realizzare dal giorno dopo. Non è utopia. Occorrono obiettivi, speranze, desideri veri, che oggi forse mancano. Essere nella dimensione pubblica non è un’opzione dei cristiani, ma sta nel loro dna.
Il cardinale Bagnasco insiste sul binomio: italiani e cattolici.Ci rammenta che non c’è separazione tra la città degli italiani, che costruiamo giorno dopo giorno, e quella celeste che ci aspetta.
Parla anche di una capacità di suscitare l’ammirazione di chi ha altre visioni del mondo. Come vede la situazione?Purtroppo in giro c’è una sorta di rassegnazione, di virus da minoranza non compresa, di silenzio tattico. Manca il coraggio di rischiare. Perché la politica, come tutte le vocazioni, prevede la messa in pericolo dello status sociale, della carriera. Potrei dire che siamo malati di accidia, per usare una parola antica.
Un antidoto?Fare come i grandi: De Gasperi, Moro, La Pira. Quest’ultimo diceva cose "folli" per i tempi, eppure ha segnato una storia. Le vie per conquistare ammirazione per me sono tre. Prima: la testimonianza personale, unita a una profonda spiritualità. Quindi, conta lo stile di vita pubblico rispetto alle risorse che gestisci. Secondo: la competenza. Devi avere un progetto con una sua consistenza, realistico, che si misuri sulle risorse che ci sono e dia una prospettiva. Infine, bisogna saper offrire una visione, una speranza che davvero oggi si possa realizzare una "buona società".
Il presidente della Cei parla di contenuti «irrinunciabili».Stando all’oggi, bisogna constatare che le strategie di alleanza, di scelta di candidati – e penso alla Bonino – non hanno assunto questi criteri. Ho la triste sensazione che in vista delle elezioni molti cattolici impegnati in tutti i partiti attuino una tattica di corto respiro. Sono e appaiono "vecchi" politici, presi dal gioco politico non dalle idee forza che fanno bella la politica.
Come far crescere la consapevolezza che bioetica, educazione, solidarietà non sono "settori" a se stanti?La proposta è una, è bella ed è possibile.E non può essere frammentata in maniera artificiale, talvolta ideologica.I cattolici non possono consentire che si prenda della dottrina sociale ciò che più fa comodo o è più "spendibile". Non sto pensando a una nuova unità politica, ma a ciò che da cattolici bisogna dire e fare per il bene del Paese.