giovedì 24 maggio 2018
Poi si era gettato dopo ore passate in bilico sul cavalcavia. In precedenza aveva ucciso anche la moglie gettandola dal balcone di casa
Un'immagine dei funerali di Fausto Filippone a Francavilla (Ansa)

Un'immagine dei funerali di Fausto Filippone a Francavilla (Ansa)

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Come sarà mai un funerale celebrato sull’orlo dell’abisso? Scrutando quell’abisso e domandandosi che cosa ci sia là in fondo, se Dio vi sia presente, e in quale modo, e perché? Bisognava essere ieri alla chiesa dello Spirito Santo di Pescara, dove si sono celebrati i funerali di Fausto Filippone. Proprio lui: l’uomo, il marito, il padre, il nostro fratello che domenica scorsa dall’alto del viadotto sull’A14, a Francavilla, ha scrutato a lungo l’abisso che gli si apriva sotto i piedi, rivolgendo poi lo sguardo all’abisso che da tempo si era spalancato nella sua anima; aveva vagato da un abisso all’altro a lungo; e alla fine si era tuffato, proprio come aveva costretto a fare a moglie e figlia: giù nell’abisso, in quell’ignoto ritenuto più accettabile di una realtà nota ma così dolorosa e insostenibile da indurlo a saltare dall’altra parte.

Funerali in forma strettamente privata, nella chiesa dello Spirito Santo. Tutto discreto e misurato. A cominciare dai fiori, pochi, semplici e candidi, i fiori degli "Amici di sempre". Per continuare con le parole, mai come ieri asciutte, del parroco don Giorgio Campilii, che evocava proprio l’abisso: «Dio – diceva durante l’omelia, che immaginiamo sia stata tra le più sofferte e ardue – ci raggiunge nella profondità del baratro della nostra esistenza per riprenderci e, certamente, potrà farlo anche con il nostro fratello Fausto».

In circostanze come quella di ieri nella chiesa pescarese dello Spirito Santo, comunicano più i gesti delle parole. E la carezza di don Giorgio ad Antonella, la sorella di Fausto, vale più dell’omelia più profonda e brillante, forse perché muta, priva di quelle parole che ieri suonavano tutte un poco di troppo. Una carezza e un abbraccio. E un altro abbraccio, più lungo, per Antonio, il padre di Fausto, che nei mesi scorsi aveva dovuto scrutare l’abisso della morte della moglie, al termine di una lunga malattia degenerativa, di quelle che rendono impossibile non confrontarsi con il senso del dolore, della sofferenza, della morte.

Don Giorgio sembrava quasi sostenere Antonella, come se non potesse stare in piedi da sola, schiantata sotto il peso del dolore. Da parte sua Antonio, il papà, non riusciva ad alzarsi e rimaneva seduto. Gli amici gli si avvicinavano, gli sussurravano qualche rara parola all’orecchio, si allontanavano. Non andavano molto distante. Restavano sul sagrato in attesa della bara che, prima di essere accompagnata fuori, era accarezzata e baciata da Antonio, stavolta sorretto dalla figlia.

Poche, pochissime parole. Per fortuna. Laconica, in Procura, era anche il pm di Chieti, Anna Lucia Campo, titolare dell’inchiesta sulla disgrazia di domenica: «Scusate, ma non riesco a parlare della tragedia». Una spiegazione arrivava invece da Massimo Di Giannantonio, direttore del Dipartimento salute mentale della Asl Lanciano-Vasto-Chieti, colui che domenica parlò con Filippone sul viadotto, invano. Tema: la richiesta del porto d’armi a uso sportivo avanzata da Filippone: «Ai test finali era stato perfetto in ogni risposta: senza ansietà, o tono di cambio d’umore, senza alcun segnale di paranoie o disturbi». Così gli era stato rilasciato il certificato, anche se la pratica della richiesta del porto d’armi non era stata portata a termine.

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Le indagini

(Redazione Internet) La Questura di Chieti continua ad indagare senza sosta sulla vicenda di Fausto Filippone, il 49enne di Pescara che domenica 20 maggio si è suicidato dopo aver ucciso prima la moglie, Marina Angrilli (51), buttandola giù da un balcone, e poi la figlia, Ludovica (10), lanciata da un viadotto dell'A14. Obiettivo dell'attività investigativa è da un lato è di comprendere la dinamica della tragedia e dall'altro individuare il possibile movente.

Mentre un primo rapporto sulle indagini della squadra Mobile è già stato inoltrato alla Procura, gli investigatori attendono gli esiti di alcuni accertamenti tecnici su telefoni, tablet e materiale vario di proprietà dei coniugi che è stato acquisito.
Si attendono, inoltre, i risultati dei test tossicologici che verranno eseguiti sui campioni prelevati sui tre corpi in sede autoptica.
Filippone attorno alle 12 di domenica ha buttato la moglie giù dal balcone di un appartamento di sua proprietà al secondo piano di una palazzina di Chieti Scalo; la donna è morta in ospedale nel primo pomeriggio per le gravissime lesioni riportate. L'uomo, poi, è andato a prendere la figlia, che era con nonni e zii, l'ha portata sull'A14 e l'ha lanciata dal viadotto Alento, a Francavilla al Mare, in provincia di Chieti. Dopo sette ore di trattative estenuanti il 49enne si è suicidato allo stesso modo, facendo un volo di 40 metri.
Gli uomini della Mobile, diretti da Miriam D'Anastasio, hanno accertato che l'uomo non aveva problemi di natura psichica documentati, anche se chi lo conosceva ha segnalato un cambiamento caratteriale ed uno stato di tristezza subentrati in seguito alla malattia degenerativa che aveva colpito sua madre, poi morta ad agosto scorso.

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