Il Quirinale - Ansa
Negli otto anni di permanenza al Colle Sergio Mattarella si è dimostrato uomo dalla lunghe ponderazioni e delle velocissime deliberazioni. Lo scenario restituito dal voto di domenica, d’altronde, era ampiamente nelle attese, cosicché si tratta solo ora solo di fare in modo che ci sia un governo nella pienezza dei suoi poteri nel primo giorno utile. Nella legislatura complicatissima appena conclusasi anzitempo Mattarella ha sempre operato da facilitatore nella formazione di una maggioranza, e non mancherà di farlo anche stavolta.
Tutto sommato, anzi, quest’inizio di legislatura si presenta in discesa, al confronto con quella del 2018, essendo emersa una maggioranza chiara nelle Camere già dall’esito del voto.
Questo dovrebbe velocizzare già il primo degli adempimenti preliminari, cioè l’elezione dei presidenti delle due Camere, convocate per il 13 di ottobre. Nel giro di qualche altro giorno si dovrebbero avere anche le nomine dei capigruppo e a quel punto si potrà andare alle consultazioni, che si preannunciano velocissime allo scopo di mettere al più presto al lavoro il nuovo esecutivo sulla delicatissima partita della legge di Bilancio.
Una scelta che potrebbe contribuire ad accelerare i tempi, da parte della coalizione vincente, sarebbe quella di presentarsi in delegazione unitaria superando eventuali divergenze, avendo cura, soprattutto, di ufficializzare al capo dello Stato - come detto in campagna elettorale - la comune indicazione sulla leader della principale formazione.
Nel frattempo, però, ci sarà da inviare a Bruxelles il Documento Programmatico di Bilancio (Dpb) entro la data del 15 ottobre prevista dal Regolamento Ue del 2013 e in questo senso attraverso Guido Crosetto dal partito di maggioranza relativa, Fdi, è arrivata la disponibilità a interloquire con Mario Draghi perché porti avanti la pratica "scottante", nel quadro di un ordinato passaggio di consegne fortemente auspicato anche dal Quirinale.
In questo crono-programma a tappe forzate il testimone potrebbe passare a Giorgia Meloni già prima della fine di ottobre, a seguito della doppia fiducia delle Camere, cosicché il nuovo governo avrebbe poi due mesi di tempo per evitare la iattura dell’esercizio provvisorio di bilancio.
Di mezzo però c’è il passaggio delicato della lista dei ministri. Mattarella cercherà, anche su questo, un’interlocuzione serena e rispettosa dei ruoli. Pesa però il precedente del 2018 della ferma bocciatura di Paolo Savona all’Economia nel primo tentativo di Giuseppe Conte, poi recuperato agli Affari europei. Il ministro dell’Economia per ottenere la "controfirma" del capo dello Stato dovrà quindi garantire di operare nell’orizzonte dell’euro, con in più, questa volta, la vitale partita del Pnrr da onorare, sulla quale il governo entrante dovrà garantire un’interlocuzione costruttiva con la Ue.
In questo quadro quella di Ursula von der Leyen («Se l’Italia farà come l’Ungheria avremo gli strumenti per operare», ha detto la presidente della Commissione Ue) può essere considerata una scivolata, forse anche male intesa, e in ogni caso Mattarella non farà mancare l’ombrello protettivo alle istituzioni italiane.
Gli altri ministeri su cui il Colle dirà la sua - quale garante della Costituzione e del rispetto dei trattati - saranno soprattutto la Difesa (alla luce del conflitto in Ucraina, da presidente del Consiglio supremo di Difesa), gli Esteri, l’Interno (in relazione particolarmente al tema dei migranti), e infine la Giustizia, nel ruolo di presidente del Csm e di garante dell’equilibrio fra poteri dello Stato.