venerdì 3 ottobre 2014
Un gruppo di senatori Pd chiede modifiche alle procedure accelerate: «Coinvolgere il giudice».​
SECONDO NOI Quello sprint per decreto: fra incoscienza e indecenza
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Il governo ora frena sul cosiddetto divorzio fai-da-te inserito nel decreto per lo smaltimento dell’arretrato della giustizia civile all’esame del Senato. Come è noto all’articolo 6 e all’articolo 12 viene prevista nel testo attuale una procedura accelerata per lo scioglimento del vincolo - in caso di separazione consensuale e in assenza di figli minori o non autosufficienti - che può essere sancita davanti agli avvocati o all’ufficiale dello stato civile. Previsione che registra molte perplessità, anche di natura tecnica, e il ministro Andrea Orlando aveva ammesso, dopo l’audizione in Commissione, che si trattava di un «nodo» da sciogliere. Nodo che è stato al centro, ieri, di un lungo vertice di maggioranza durato 2 ore, tenutosi negli uffici del governo di Mon-tecitorio, presenti lo stesso ministro della Giustizia, il suo vice Enrico Costa (Ncd), i capigruppo nelle commissioni Giustizia dei partiti di maggioranza e per il Nuovo Centrodestra anche il capogruppo al Senato Maurizio Sacconi. Dall’incontro sono emersi due orientamenti di massima. Il primo: la strada affacciata da un emendamento presentato a sorpresa in commissione al Senato dal capogruppo del Pd Giuseppe Lumia, volta a 'travasare' nella discussione anche la legge sul divorzio breve (in discussione parimenti al Senato, in seconda lettura, dopo il primo sì della Camera) non è avallata dal governo e non è la linea ufficiale della maggioranza; una proposta che avrebbe comportato, in pratica, l’adozione per decreto - con i crismi della necessità e urgenza - di una norma con profili delicati e finalità del tutto diverse dall’esigenza di semplificazione giudiziaria. Una discussione serrata - con Pd e Ncd su posizioni distanti - entrata in profondità anche nel merito delle diverse previsioni, con una miriade di implicazioni per i coniugi, ma anche per i figli. E il risultato è stato - ecco il secondo orientamento - che il governo ha riconosciuto anche la necessità di una riflessione più attenta sui due punti discussi della normativa sulla giustizia civile. Si è ad esempio convenuto, tutti, che sia necessario almeno l’intervento di entrambi i legali dei coniugi, anche nella procedura di scioglimento davanti all’ufficiale dello stato civile.  Anche perché - altra novità - è nello stesso Pd che si va consolidando un’area che chiede maggiore riflessione e procedure meno sbrigative, dopo che erano state le altre componenti della maggioranza a spingere in questa direzione. Un emendamento firmato da 12 senatori, 11 del Pd (Lepri, Collina, Del Barba, Fattorini, Favero, Moscardelli, Pagliari, Saggese, Santini, Scalia, Sollo) più Gianpiero Della Zuanna di Scelta Civica, modifica l’articolo 6, quello che prevede la procedura davanti all’avvocato e chiede l’intervento del giudice.  «Ai fini della sua validità ed esecutività - è scritto nell’emendamento la convenzione di negoziazione assistita deve ottenere il visto di omologazione da parte del Presidente del Tribunale, che a tal fine convoca le parti davanti a sé». Analogamente, riformulando l’articolo 12, gli stessi senatori chiedono che «la separazione consensuale o le modifiche delle condizioni di separazione o divorzio sono definite da provvedimenti giudiziali e non possono essere richieste e ottenute - viene scritto con nettezza - innanzi all’ufficiale dello Stato civile». Il matrimonio, spiegano i senatori proponenti «ha un rilievo pubblico che deve rimanere anche in caso di suo scioglimento». Motivazioni che coincidono con le obiezioni sollevate, con soluzioni analoghe, anche dagli altri gruppi di maggioranza. Non solo. Un fronte più ampio di 17 senatori (si aggiungono anche i Popolari per l’Italia, l’Udc e Scelta Civica) hanno presentato una serie di proposte di emendamenti al testo parallelo sul divorzio breve, già approvato dalla Camera. Fra le norme più qualificanti quella che prevede un allungamento dei tempi di separazione richiesti (ora previsti in 6 mesi in caso di consenso fra i coniugi) fino a 2 anni nel caso che nel nucleo figurino figli minori. 
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