La grande discarica di Poiatica in provincia di Reggio Emilia
Non ha una bella storia la grande discarica di Poiatica, quattro passi da Reggio Emilia. Anzi. Pensiamo al 26 ottobre 2012, quando il laboratorio mobile del Corpo forestale va ad eseguire rilevazioni che fanno poi scattare sanzioni per decine di migliaia di euro. Perché la “Relazione tecnica” del Corpo arriva il 31 gennaio 2013 e (a parte «le irregolarità emerse dal controllo documentale inerenti la tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti») le conclusioni colpiscono: «Alla luce di quanto riportato e in considerazione delle vicende giudiziarie che hanno lambito l’attività della Iren (il gestore, ndr), potrebbe essere opportuno approfondire eventuali segmenti investigativi inerenti le attività dell’impianto di produzione del biostabilizzato utilizzato nel capping giornaliero» ed «espletare attività di monitoraggio e controllo finalizzate a individuare eventuali dispersioni e/o fuoriuscite di percolato anche alla luce dell’importanza delle attività agro-silvo-pastorali insistenti nelle aree limitrofe e della vicinanza del fiume Secchia».
Indaga la Dda
Cinque anni dopo, la prima certezza è che l’inchiesta sulla discarica se l’è appena presa la Direzione distrettuale antimafia bolognese, insieme agli atti dell’indagine aperta due anni fa dalla Procura di Reggio Emilia. La seconda è che gli uffici giudiziari della Dda di Bologna indagano per traffico illecito di rifiuti, cioè l'articolo 260 del Codice dell’Ambiente. La terza certezza che la “Commissione parlamentare sulle ecomafie” sta decidendo se fare un sopralluogo.
Intanto chi gestisce l’impianto fa sapere che la gestione «rispetta le previsioni autorizzative» e non ha ricevuto «alcuna comunicazione al riguardo». Si tratta della Iren ambiente, con sede a Piacenza, che esercita il coordinamento delle attività ambientali del gruppo Iren e che ¬- si legge sul sito -¬ «effettua raccolta e trasporto di rifiuti urbani e speciali, pericolosi e non, gestisce direttamente o tramite società partecipate tutti gli impianti di trattamento, recupero e smaltimento dei rifiuti urbani e speciali». Come la discarica di Poiatica nel comune di Carpineti, Valle del Secchia, provincia di Reggio Emilia. Della quale si cominciò a discutere molto tempo fa, finché nel gennaio 2014 tre parroci della Valle lanciarono un appello: «Notiamo con sofferenza la nascita di bambini con patologie gravi e soprattutto di morti per patologie cancerogene in età giovanile. Far finta di non vedere per malafede o ignoranza è imperdonabile».
Rifiuti speciali e fanghi
Attualmente chiusa, la discarica di problemi ne ha parecchi, a cominciare da quelli idrogeologici. Ma quel che più assilla la gente da queste parti è non sapere cosa abbia ingoiato in questi due decenni. Ad esempio nel secondo semestre 2010 in discarica arrivano molti più rifiuti speciali del solito, come scrive l’Arpa a pagina 10 della sua “Relazione 2011”, annotando che a settembre le tonnellate sono 6.243 e a dicembre 5.238, contro le 2/3 mila tonnellate in media negli altri mesi dell’anno. A proposito di Arpa, non si capisce perché nella “Relazione 2012” emerge come siano stati controllati a campione solo i fanghi prodotti dall’impianto di Mancasale e non quelli arrivati da impianti diversi o da fuori provincia.
Inspiegabili appalti
Chiusa nel febbraio 2015, aperta nel 1995 e gestita da Agac Reggio Emilia spa, ex municipalizzata, diventata nel 2005 Enia Spa e infine nel 2010 Iren, l’appalto nel 2002 per l’ampliamento della discarica (da un milione e 900mila euro) viene vinto dalla Ciampà Paolo srl di Crotone con la Leto costruzioni srl, coinvolte entrambe nell’inchiesta “Blacks mountains” su un traffico di rifiuti tossici scattata nel 1999. Poi, nel 2005, la Prefettura crotonese negò la certificazione antimafia alla Cmp costruzioni spa del gruppo Ciampà, che tuttavia per diversi anni continuò a costruire opere pubbliche soprattutto in provincia di Bologna e di Forlì. Poi appalti toccano alla veneta Ramm srl, il cui titolare viene arrestato per un’inchiesta con accuse che vanno dall’associazione mafiosa a «estorsione , corruzione, turbativa di pubblici incanti e truffa ai danni di enti pubblici appaltanti e di imprese private». Nel 2012 la storia registra un nuovo capitolo, quando si aggiudica l’appalto per la gestione dei rifiuti la Tradeco srl di Altamura (Bari), indagata qualche settimana prima dalla Dda ligure e dalla Procura barese.
Condanna
Il 23 novembre 2014 la valle del Secchia è invasa da un odore forte, quasi nauseabondo. La gente si chiude in casa. Alla discarica arriva la Forestale, il sindaco di Carpineti e si muoverà anche l’Arpa. Lo spettacolo è surreale: un cumulo di rifiuti, alto più o meno tre metri ed esteso almeno venticinque, è all’aria aperta, senza essere stato trattato e senza nemmeno coperture. Si apre un’inchiesta. E sette mesi fa, il 5 dicembre 2016, il giudice monocratico del Tribunale di Reggio Emilia condanna l’amministratore delegato di Iren, Roberto Paterlini, a una pena pecuniaria in sede penale.
Radioattività?
Su invito dei comitati contro la discarica, il 9 luglio 2014 l’ingegner Achille Cester, esperto in radioprotezione e nel controllo della radioprotezione in impianti di smaltimento rifiuti e discariche, trascorre una giornata a Poiatica coi suoi strumenti analizzando la situazione. Risultati? «Radioattività anomala, diffusa in tutta la discarica», a causa di «sabbie zirconiche da fanghi di lavorazione di ceramiche, presenti in quantità imponenti» e anche «contaminate con piombo e mercurio».
«Nulla di vero»
Anche qui l’Iren rigetta subito ogni accusa: «Le indiscrezioni giornalistiche relative alla presenza di rifiuti radioattivi non trovano conferma nella realtà dei fatti ¬– scrive qualche settimana fa in una nota -. Le certificazioni rilasciate in seguito ai sopralluoghi eseguiti dagli enti preposti ai controlli ufficiali, tra cui Arpa, Ispra e Corpo forestale, ne sono la conferma e non segnalano peraltro pericoli per la salute pubblica». Non solo, ma «la discarica è sempre stata gestita seguendo le prescrizioni dell’”Autorizzazione integrata ambientale” e le indicazioni degli organi di controllo”».
Dissesto idrogeologico
C’è altro. Il terreno della discarica di Poiatica è soggetta a erosioni e frane, che si registrano da anni. L’ultimo studio risale a un mese fa, realizzato da Alberto Montanari, che dirige il “Dipartimento ingegneria civile” dell’università di Bologna, e suggerisce tre ipotesi per mettere in sicurezza la discarica, accreditando soprattutto quella che prevede di riempire il gran “buco” apertosi con almeno 800mila tonnellate di rifiuti e 500mila di terra. Fra l’altro, quanto già prevedeva un anno fa il progetto di Iren, che vuole colmare la voragine con un milione di metri cubi di rifiuti. Costo previsto? Otto milioni e mezzo di euro.
Le cave
Sono molti infine, fra gli abitanti della valle, a raccontare di aver notato più volte un via vai notturno di camion. E a far notare come, sempre intorno alla discarica, esistano molte cave…