«In Italia occorre un’iniezione di riforme liberali, c’è un popolo che ne ha bisogno. La nuova Forza Italia se la sente di imporsi su questo terreno? Questa è la questione. E collegata a questa ce n’è un’altra: se Berlusconi sceglierà un delfino, sarà in grado di far capire che si va per quella strada?». A Paolo Del Debbio, giornalista Mediaset ed estensore del primo programma di Forza Italia, sembra di essere rìtornati al novembre del 1993. Dal punto di vista delle cose da fare. Perché, invece, la crisi non è stata ferma. Anzi la platea di chi ha bisogno di queste riforme è aumentata. Il partito c’è. La classe dirigente pure, Alfano in testa. E a chi si limita a criticare personalità come quella di Renato Brunetta, il consigliere della prima ora del Cavaliere suggerisce di fasi avanti con le proprie di idee. Perché senza di esse non c’è potere che tenga. Ma se gli si chiede se lui sarà ancora della partita, come estensore di un nuovo programma "azzurro", risponde: «Faccio un altro mestiere».
Ci sarà una rottamazione, per prendere a prestito un’immagine del Pd?Alle rottamazioni starei attento, perché si può rottamare anche in peggio. Ci sono figure nuove? Si facciano avanti. Chi ha legna, la faccia ardere. Ci vuole un rilancio di idee e di gente che le dica nelle arene pubbliche, che non sono più le piazze, ma i mezzi di comunicazione.
Marina scenderà in campo o no, come finora sembra? Giorni fa un quotidiano pubblicava una lista di suoi consiglieri, indicando lei e altri uomini Fininvest-Mediaset (Cannatelli, Livolsi), oltre agli "storici" Gianni Letta e Fedele Confalonieri. Poi altri personaggi dell’impresa (Ermolli, Benetton e Bracco) e del giornalismo. La squadra è pronta?Le intenzioni di Marina non le conosco. Sto ai fatti. È impegnata molto in azienda per operazioni importanti. E quello sta continuando a fare. Io riunioni con le persone che lei cita non ne ho fatte. Non so se le abbiano fatte tra loro.
Lei, però, la conosce bene. Ha le caratteristiche del leader politico?Ha sempre dimostrato grande coraggio, esponendosi da capo di una grande azienda, nella difesa pubblica del padre. Pensiamo alle posizioni dure e franche che ha preso nella vicenda con De Benedetti. Inoltre è molto combattiva ed essenziale, va sempre al dunque. Sa decidere. Ha un linguaggio, uno stile, più inglese che italiano. Sono caratteristiche importanti per un leader d’impresa e anche per un politico.
Chi porterà avanti le riforme liberali che lei auspica?C’è un segretario e un gruppo dirigente, più compatto di quello del Pd. Ci sono i coordinatori. E i capigruppo, che sono molto operativi. Da Napolitano ci sono andati loro. Non è che siamo agli albori, al partito di plastica e tutte queste storie.
La sua opinione su Alfano?Ha svolto un ruolo di traghettatore non indifferente, anche se non è Caronte. E lo ha fatto con mezzo remo e una barca bucata. Lui e altri, come Lupi, devono stare da un lato con i piedi nella tradizione, perché i voti sono lì. Dall’altro sono persone che hanno 40-50 anni e devono guardare anche al dopo. Anche Brunetta con la sua fondazione Free non è da sottovalutare.
In che senso?È uno che produce idee. Poi si possono discutere. Ma è fondamentale che qualcuno critichi con esattezza una finanziaria o un provvedimento europeo. A chi dice che Brunetta è invadente replicherei: ma invadete voi, allora. La politica è anche potere, certo, non solo idee. Ma il potere di per sé è portare avanti un’idea. Senza potere l’idea è aria fritta. Ma se sei al potere senza idee, vieni fritto tu dagli altri.
Ci si rivolgerà in particolare ai giovani. Dove attingerete?Su questo Berlusconi ha sempre insistito. Pensiamo, ad esempio, ai giovani amministratori locali.
La presenza tra i consiglieri di Marina di Gianni Letta e Fedele Confalonieri, di cui lei è stato assistente per parecchi anni, indica una prevalenza dell’area moderata?Confalonieri lo definisco maestro mondiale dell’equilibrio. Che non è la mediazione - bloccata nel presente - né l’equilibrismo. Ma è la capacità di innovare, cercando nuovi equilibri nella sintesi tra vari interessi e situazioni. Per quanto riguarda Letta è come sorprendersi di andare in Val d’Aosta e trovarci il Monte Rosa. È uno che tenta di mediare ragion di Stato e ragion di Silvio.
Prevarranno le colombe sui falchi?Bisogna stare attenti. È come quel racconto di Borges su quei geografi che volevano rappresentare la realtà in una carta 1:1. Cioè con la massima fedeltà. Ecco, una come la Santanchè, ad esempio, rappresenta questa carta 1:1 della base. Conosce bene gli umori, la pancia del Paese.
La novità del 1994 fu il mix tra società civile, imprenditori e professori. Oggi dove attingerebbe per questo serbatoio di idee che lei auspica? Ci sono gli interessi e i bisogni della società civile e chi li rappresenta, Ma poi il politico non può agire con la carta carbone. Deve fare una sintesi. Altrimenti si cade nel corporativismo.
Quale ruolo può svolgere l’associazionismo cattolico, ad esempio quel mondo del lavoro che si è riunito nel Forum di Todi?Ben vangano i Forum come quello di Todi, Ma se vogliono diventare un soggetto politico, cosa del tutto legittima, cessano di essere società civile. Chi non ne fosse convinto si rilegga Tocqueville.
La difficoltà più grande che incontrerà il rilancio?Deriva dal fatto che il bipolarismo non ha superato l’assetto consociativo in questo Paese. Parlare di riforme è come parlare tedesco ai francesi.
A chi si rivolge il nuovo partito? Lei, che è stato autore del primo programma, è coinvolto nel nuovo?No, ora faccio un altro mestiere. Da osservatore dico: il tema del 1994, "meno Stato più mercato", con una solidarietà selettiva e non universalistica, come lo si attua ora che ci sono i parametri europei? Il programma è tutto qui. I fondamentali che interessano le imprese sono peggiorati. I poveri si avvicinano ai dieci milioni. C’è bisogno di alzare le pensioni e di diminuire le tasse sul lavoro. Siamo alle solite. Come diceva la pubblicità di Calimero: l’Italia non è nera, è solo sporca. Di burocrazia e di tasse.
Oltre al tema dell’Imu, c’è chi come Urbani, che non è certo un socialista, sottolinea l’importanza di temi come il lavoro.Faccio l’urbanologo: il punto sono le tasse sul lavoro. Siamo sempre lì. Francamente, lo vedo da giornalista, l’Imu ha messo in ginocchio tante famiglie. Poi non capisco come Epifani possa dire che non era negli accordi di governo. Quando Alfano ha detto "abbiamo segnato un goal" non si riferiva al Milan.