A ostacolare la prosecuzione della permanenza di Silvio Berlusconi in Parlamento, più che la non imminente pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici ( che potrebbe essere inoltre ridotta al termine di un nuovo rito d’Appello), è l’articolo 3 del decreto legislativo Anticorruzione, approvato nel 2012 su impulso dell’allora ministro della Giustizia, Paola Severino. La norma parla chiaro: se sopravviene una condanna definitiva durante il mandato di parlamentare, la Camera di appartenenza deve deliberare ai sensi dell’articolo 66 della Costituzione, che disciplina la sopravvenuta ineleggibilità e incompatibilità: «Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità». In pratica, è la giunta per le Elezioni e per le Immunità parlamentari, ovviamente quella del Senato, a doversi riunire e decidere, dopo aver avviato l’istruttoria del caso e aver ascoltato la proposta del relatore. Toccherà poi all’Aula dire la parola definitiva con il voto segreto, se questo verrà richiesto da almeno 20 senatori. «A tal fine – recita il suddetto articolo 3 – le sentenze definitive di condanna emesse nei confronti di deputati o senatori in carica, sono immediatamente comunicate, a cura del pubblico ministero presso il giudice indicato nell’articolo 665 del codice di procedura penale, alla Camera di rispettiva appartenenza».Ma per Berlusconi, condannato in via definitiva per frode fiscale (reato la cui pena massima è 6 anni) a 4 anni di reclusione per la vicenda Mediaset, è determinante anche l’articolo 1 dell’ Anticorruzione. La norma dice che «non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore» coloro che hanno riportato «condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione, per delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, determinata ai sensi dell’articolo 278 del codice di procedura penale». Tradotto in parole povere, non solo Berlusconi è a rischio di decadenza dall’attuale mandato di senatore, ma diventa incandidabile. A prescindere dall’esito processuale che avrà il rinvio in appello per rideterminare la durata della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, che dovrà essere "accorciata" (da 5 anni a una sanzione compresa fra uno e tre anni) come stabilito ieri dalla Cassazione, in conformità con le norme tributarie.