L’insegnamento di 'Cittadinanza e Costituzione' rimane ancora al nastro di partenza. Per ora, infatti, non si è avviata l’annunciata sperimentazione di questa nuova materia, che punta a far conoscere e praticare la nostra Costituzione. Eppure questa disciplina è stata l’unica, tra le riforme introdotte dal ministro della Pubblica Istruzione, Mariastella Gelmini, ad aver raccolto unanime consenso. «Guardi – risponde Luciano Corradini, il pedagogista accademico e uomo di scuola a cui il ministro ha affidato la presidenza di un gruppo di lavoro su questa tematica –, il problema è più interessante e più complesso di quanto comunemente si creda, sia in senso pedagogico e didattico, sia in senso istituzionale. Chi non è d’accordo sul far conoscere a scuola la Costituzione? C’è un illustre preludio a questo accordo. I padri costituenti nel dicembre 1947 votarono con applausi unanimi un ordine del giorno presentato da Moro con cui si chiedeva che la nuova Carta trovasse 'senza indugio adeguato posto nel quadro didattico della scuola di ogni ordine e grado, al fine di rendere consapevole la giovane generazione delle conquiste morali e sociali che costituiscono ormai sicuro retaggio del popolo italiano'». L’indugio, però, ci fu e durò 10 anni. Fu lo stesso Moro, divenuto ministro dell’Istruzione, a introdurre nel 1958 'l’educazione civica nella scuola secondaria e artistica'. «Ora – annuncia Corradini – ci sono le premesse legislative per fare un concreto passo avanti, come ha detto lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della cerimonia d’inizio d’anno scolastico». Corradini ha abbracciato con entusiasmo il compito affidatogli, anche perché lo studio dell’Educazione civica (come un tempo si chiamava la materia), è un suo amore antico. A iniziare «dall’esperienza fatta con l’Uciim e con l’Unione studenti medi nel 1968, quando, da docenti delle superiori - scrive nel libro-diario 'A noi è andata bene' uscito nel 2008 con Città Aperta - cercavamo di mettere in pratica il decreto Moro, che prevedeva due ore al mese di questa materia, affidata all’insegnante di storia, senza però un voto distinto». Contro questa debolezza istituzionale Corradini s’impegnò poi a metà degli anni ’90, come vicepresidente del Cnpi e come sottosegretario nel governo Dini, con Lombardi ministro. Si resero conto che nel testo costituzionale si trovano in sintesi tutti i valori che venivano proposti fino ad allora con una serie di circolari sulle 'educazioni' (salute, ambiente, pace, diritti dell’uomo, per citarne alcune), spesso scollegate e transitorie. La Carta, sotto questo profilo, è una bussola educativa unitaria.
In 60 anni di vita democratica, l’educazione civica ha avuto il percorso di un fiume carsico. Siamo davvero alla svolta? «Spero di sì, dopo diversi tentativi. Bisogna dare dignità e forza di disciplina a un insegnamento che pre- senti organicamente, non in termini mnemonici e formali o propagandistici, il contenuto della Costituzione e dei problemi che vanno affrontati per crescere nell’interiorità e nelle relazioni, anche perché i ragazzi non svaniscano nelle discoteche e negli stadi, non cedano alla tentazione dell’egoismo e della violenza, e non si disperino per la disoccupazione».
Cosa prevede la legge Gelmini? «Il primo articolo non è un capolavoro di trasparenza. Prevede 'l’attivazione di azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale finalizzate all’acquisizione delle conoscenze e delle competenze relative a 'Cittadinanza e Costituzione', nell’ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del loro monte ore', e promuove una 'sperimentazione nazionale', in vista di far diventare questa materia una disciplina distinta con voto autonomo e con un monte ore di 33 ore l’anno, anche se la legge approvata non lo dice in modo esplicito come la prima versione del disegno di legge di agosto 2008, poi trasformato in decreto legge a settembre».
A che punto è la sperimentazione? «Sulle Linee guida elaborate dal gruppo di lavoro e sulla bozza di decreto sulla sperimentazione hanno detto sì il Cnpi e i Forum delle associazioni di studenti e genitori. L’orientamento è quello di dare carattere biennale alla sperimentazione, partendo subito nel mettere a punto gli strumenti e dare spazio di riflessione e discussione ai docenti. S’intende valorizzare le buone pratiche, ma anche sollecitare la destinazione di ore e di voti specifici per la nuova disciplina. Penso che in sede di necessaria revisione delle 'indicazioni nazionali per il curricolo' sia possibile avere una visione unitaria e complessiva del curricolo. Se no, la nuova disciplina resterà un’intrusa».
Che cosa succede in proposito all’estero? «Sul piano comparativo si notano Paesi che hanno fatto la scelta della disciplina distinta, altri che seguono la via della 'trasversalità' dei contenuti civici a ogni disciplina. Una cosa non esclude l’altra. Nessun Paese è soddisfatto delle soluzioni pedagogiche e didattiche trovate per quest’area, ma nessuno è rassegnato a lasciarla cadere fuori dal curricolo o a diluirla in esso tanto da smarrirne lo specifico apporto a un fondamentale compito educativo, che nella sua ampiezza interessa e impegna tutte le discipline e tutta la vita scolastica».
Conoscere la Costituzione in un’Italia sempre più multietnica. «I primi destinatari di 'cultura della cittadinanza' restiamo noi italiani, che dobbiamo conoscere e soprattutto vivere i valori della nostra Costituzione. Anche perché chi arriva da fuori deve apprendere le norme di convivenza, che non sono pure regole di galateo, non solo leggendole nella Costituzione, ma anche vedendole nella testimonianza e nel comportamento degli italiani. Soltanto davanti a 'cittadini praticanti', se mi passa il termine, possiamo dare corpo ai valori della cittadinanza stessa».