Un'infermiera straniera - Archivio
L'esperimento punta a replicare il modello di accoglienza e integrazione già sperimentato dai "corridoi umanitari" per i rifugiati, che hanno permesso finora l'ingresso regolare in Europa di oltre 7mila rifugiati in condizioni di vulnerabilità, estendendolo stavolta ai migranti con conoscenze professionali in attesa di impiego. Stavolta si chiamano "corridoi lavorativi" e nascono da un protocollo di intesa tra la Comunità di Sant'Egidio e i ministeri dell'Interno, degli Esteri e del Lavoro, appena firmato al Viminale.
Trecento migranti-lavoratori in arrivo
Una intesa che consentirà - al di fuori delle quote stabilite dal decreto flussi (450mila ingressi in tre anni) - l'ingresso di un primo, piccolo contingente di 300 migranti per motivi di lavoro. «Un accordo che corrisponde alla richiesta crescente di manodopera straniera necessaria al fabbisogno delle imprese e del settore socio-sanitario del nostro Paese», sottolinea la Comunità di Sant'Egidio. E il suo presidente, Marco Impagliazzo, uscendo dal Viminale dopo la firma dell'intesa, ne rimarca alcuni aspetti: «Si tratta di un progetto sperimentale che si affianca al decreto flussi per unire la domanda di molti imprenditori italiani che cercano manodopera soprattutto nei Paesi extra europei -argomenta - e per favorire questo aggancio tra imprenditori e lavoratori, sulla base di una formazione che avviene nei Paesi di provenienza, sia lavorativo-professionale sia di apprendimento della lingua italiana, due grandissimi strumenti di integrazione».
Libano, Costa D'Avorio ed Etiopia
Il protocollo ha la durata di un anno e per ora è stato pensato in via sperimentale. Come detto, riguarda 300 persone che saranno distribuite in tre regioni italiane, il Veneto il Lazio e la Calabria. I loro Paesi di provenienza sono il Libano e poi, «rispettando le esigenze del piano Mattei per l'Africa», l'Etiopia e la Costa d'Avorio. Il protocollo ha la durata di un anno. «Naturalmente l'importanza di questo protocollo è che si tratta di una via legale che si unisce ai corridoi umanitari - osserva ancora Impagliazzo - e che nasce proprio da quell'esperienza fortemente positiva di accoglienza e di integrazione». L'intesa, osservano da Sant'Egidio, vuole aiutare il sistema Paese nello sviluppo del mondo del lavoro, che in alcuni settori è in sofferenza e abbina dunque alla domanda di manodopera tanti imprenditori, l'offerta di tante persone dei Paesi extra europei che hanno bisogno di un futuro e di un lavoro e si mettono a disposizione. Quali lavori svolgeranno i nuovi arrivati? In questo momento in Italia «le professioni più in sofferenza - conclude Impagliazzo- sono quelle a livello infermieristico, nel settore del turismo e nell'autotrasporto».