Sono quasi tutti eritrei in fuga dalla dittatura di Isaias Afewerki. Una coppia dallo Yemen, devastato dalla guerra contro la coalizione saudita. Uno è scappato dal caos della Somalia. Sono i 63 profughi, soprattutto donne con bambini e giovani, atterrati questa mattina a Fiumicino, con un volo di linea dell’Ethiopian Airlines da Addis Abeba. Da tempo rifugiati nei campi dell’Etiopia, hanno visto peggiorare drammaticamente le condizioni di vita anche nel paese che li aveva accolti, a causa del conflitto che in questi mesi sta insanguinando l'Etiopia.
Sono arrivati senza rischiare la vita prima nel deserto e poi in mare. Un "miracolo" reso possibile grazie a un Protocollo d’intesa con lo Stato italiano, firmato nel 2019 dalla Conferenza episcopale italiana e dalla Comunità di Sant’Egidio, che prevede l’arrivo di 600 persone vulnerabili con i corridoi umanitari. La partenza, inizialmente prevista per la fine di novembre, è stata anticipata proprio a causa dei problemi di sicurezza nel Paese di partenza, ed è stata facilitata grazie alla collaborazione del Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione del Ministero dell'Interno, guidato dal prefetto Michele Di bari, della Direzione Generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie e dell'Ambasciata d'Italia ad Addis Abeba. Tutti sono stati sottoposti a tampone antigenico prima della partenza, test ripetuto all'arrivo a Fiumicino. Raggiunta la destinazione, osserveranno un periodo di isolamento fiduciario.
Ad accogliere a Fiumicino i 63 profughi - in maggioranza nuclei familiari composti da donne sole con minori e singoli sotto i 25 anni - sono stati i volontari ma anche alcuni familiari, da tempo residenti nel nostro Paese, in qualche caso già cittadini italiani. Saranno ospitati a Roma e in diverse regioni italiane (Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Marche e Campania) presso associazioni, parrocchie, appartamenti di privati e istituti religiosi, con il supporto di famiglie italiane che si occuperanno di accompagnare il percorso d’integrazione sociale e lavorativa sul territorio, garantendo servizi, corsi di lingua italiana, inserimento scolastico per i minori, cure mediche adeguate. Tutto ciò grazie a un progetto totalmente autofinanziato con l’8 per mille della Cei, fondi raccolti dalla Comunità di Sant’Egidio e la generosità di associazioni, parrocchie e di cittadini che hanno offerto le loro case e il loro impegno gratuito e volontario.