Tutto praticamente è a posto. Nella Terra dei fuochi sono «a rischio» appena 9,2 chilometri quadrati di aree agricole fra tutti i 57 «comuni prioritari» (24 nel Casertano e 33 nel Napoletano) oggetto delle "Indagini tecniche per la mappatura dei terreni destinati all’agricoltura della Campania", realizzate da nove enti fra i quali l’Arpac, l’Istituto superiore di sanità, l’Ispra, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura. Così il decreto interministeriale firmato ieri «vieta da subito la vendita dei prodotti ortofrutticoli» nei terreni «classificati a rischio».Palazzo Chigi, martedì pomeriggio. Conferenza stampa dei ministri dell’Agricoltura, della Salute e dell’ambiente, rispettivamente Maurizio Martina, Beatrice Lorenzin e Gian Luca Galletti, insieme al governatore campano Stefano Caldoro: c’è da presentare quelle "Indagini" e firmare quel decreto. Prima i numeri, ovviamente. Tocca a Martina sciorinarli: è stata realizzata «la mappatura completa dei 1.076 chilometri quadrati dei 57 Comuni prioritari», sono stati individuati «51 siti per i quali risulta necessario proporre misure di salvaguardia per garantire la sicurezza della produzione agroalimentare, per un totale di 64 ettari di suolo agricolo».Dunque «non esistono elementi per definire a rischio» il 98% dei terreni «sottoposti a mappatura» nei 57 comuni, mentre il 2% è fatto di «aree ritenute sospette». Sarebbe a dire 21,5 chilometri quadrati (dei quali appunto 9,2 destinati all’agricoltura). L’«indice di rischio» dei terreni è stato suddiviso in quattro «classi»: la <+CORSIVOA>A<+TONDOA> («idoneo alle produzioni alimentari»), la <+CORSIVOA>B<+TONDOA> («limitazione a determinate produzioni agroalimentari in determinate condizioni»), la C («idoneo ad altre produzioni non alimentari») e la D («divieto di produzioni agricole»). Ed entro 90 giorni – continuano i ministri – «verranno effettuate indagini» proprio per classificare in quel modo i terreni.Morale? «Con il decreto possiamo mettere in campo azioni incisive. Da subito bloccheremo la vendita dei prodotti ortofrutticoli dei terreni dei 51 siti classificati a rischio», dice il ministro Martina. Secondo la sua collega Lorenzin «bisogna dare certezza agli abitanti della Campania sulle loro condizioni di salute e sugli alimenti che mangiano, ma anche non scoraggiare l’uso di prodotti campani», e poi «sono stati stanziati 50 milioni» fra i quali 25 «per uno screening di massa relativo alla salute su questi territori». Infine Galletti: «La mission di questo governo è il recupero della Terra dei fuochi in tempi brevi, compatibilmente con la situazione e senza creare illusioni, a beneficio dei cittadini che abitano in quelle zone» e «si sta facendo un buon lavoro». Il governatore, infine: «Con questa azione passiamo dall’emotività alla razionalità, un tema di emergenza reale che non va sottovalutato, ma non va affrontato con emotività», fa sapere Caldoro.Eppure i conti non tornano. Perché il servizio di Ostetricia e ginecologia della Asl Napoli Nord invita da un paio d’anni le donne in gravidanza «a non mangiare mozzarella, frutta e verdure locali?». Perché il generale Sergio Costa, che comanda a Napoli il Corpo forestale dello Stato, da un anno ripete che «la Terra dei fuochi è devastata dal punto di vista ambientale»? Com’è possibile che l’Istituto oncologico nazionale "Pascale" abbia registrato, sempre in questa Terra, un aumento del 47% delle morti per malattie oncologiche negli ultimi vent’anni? E perché, infine, ieri sera l’ex-pm della Dda di Napoli, Raffaele Cantone, diceva che nella Terra dei fuochi «ancora non conosciamo i livelli d’inquinamento e le conseguenze che questo disastro ha provocato», ma «forse, nel 2060, quei luoghi saranno una nuova Chernobyl, non vi crescerà più un filo d’erba»?
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