«C’era un accordo col Pd che non ha dato frutti. Chi ha votato scheda bianca farebbe bene a spiegare. Davvero non capisco questo astio, ho sempre fatto il mio dovere da uomo delle istituzioni...». Alle sette e mezzo di sera il senatore del Pdl Francesco Nitto Palma, magistrato e Guardasigilli negli ultimi mesi del governo Berlusconi, si sfoga coi cronisti dopo le due fumate nere che hanno spostato, presumibilmente solo di 24 ore, l’elezione del presidente della commissione Giustizia di Palazzo Madama. Nella seconda votazione, Palma ha ottenuto 13 voti (13 le schede bianche), uno in meno del quorum necessario. Uno "sgambetto" del Pd (che all’omologa commissione della Camera ha incassato l’elezione a presidente di Donatella Ferranti anche coi voti degli "azzurri") che manda su tutte le furie il Pdl e conferma il mancato "gradimento" della candidatura di Palma, ma anche le ruggini sul delicato tema della giustizia. «È inaccettabile. È chiaro ora a tutti chi viola i patti e chi li rispetta. Noi siamo un partito serio, il Pd è il regno del caos - protesta il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri - Bersani e Zanda mettano in riga i propri senatori o li sostituiscano con i principali esponenti del Pd a Palazzo Madama». Nel Pd, c’è chi continua a insistere per un candidato «condiviso», mentre Scelta civica sta alla finestra. Ma il Pdl tiene il punto: «Abbiamo votato i candidati del Pd con responsabilità. Altrettanto non è successo nel caso di Nitto Palma, che rimane il nostro candidato - avverte Renato Schifani -. Ci auguriamo che ora siano responsabili». Oggi Silvio Berlusconi sarà a Roma per un vertice a Palazzo Grazioli con lo stato maggiore del partito: si parlerà anche della linea da tenere sul tema della giustizia.Riguardo al resto delle Commissioni, i patti della vigilia sono stati rispettati. Le commissioni permanenti del Parlamento, 14 alla Camera e altrettante al Senato, sono andate proporzionalmente alle tre forze di governo: alla Camera 8 presidenze sono andate al Pd, 5 al Pdl e 1 a Scelta civica (Affari sociali con Pier Paolo Vargiu); al Senato 6 al Pd (per quella sulle Politiche europee in serata non si era ancora votato), 5 al Pdl (la sesta avrebbe dovuto essere la Giustizia) e una ai montiani (Esteri con Pier Ferdinando Casini). Fatta eccezione per lo scontro sulla giustizia, ha prevalso la logica del bilanciamento fra Pd e Pdl: alla presidenza della Commissione Affari costituzionali al Senato va Anna Finocchiaro e alla Camera Francesco Paolo Sisto; alla Bilancio della Camera Francesco Boccia, al Senato Antonio Azzollini; alla Finanze della Camera il pidiellino Daniele Capezzone, al Senato Mauro Marino (Pd); la Lavoro di Montecitorio va a Cesare Damiano, quella del Senato a Maurizio Sacconi.Altro caso di giornata ha riguardato invece una delle presidenze che, come da consuetudine parlamentare, vanno alle opposizioni: la presidenza della giunta per le Autorizzazioni a procedere della Camera, andata a Ignazio La Russa (Fdi), con l’ira del Movimento 5 Stelle poi stemperata da un chiarimento: «Poi sono venuti a farmi i complimenti, non c’è nessuna animosità - assicura La Russa - e il fatto che non mi abbiano votato non farà venir meno la collaborazione». Altre frizioni potrebbero però venir fuori la prossima settimana, quando bisognerà votare i presidenti delle due commissioni di controllo, Copasir e Vigilanza Rai, che spettano anch’esse alle opposizioni.