Tempi più brevi per la concessione della cittadinanza ai figli dei cittadini stranieri. L’annuncio, domenica pomeriggio in diretta tv, è di Matteo Renzi: «Dopo la legge elettorale – ha spiegato il premier – il governo ha intenzione di portare in Parlamento il tema della cittadinanza ai bambini nati in Italia da genitori stranieri». Parole molto apprezzate da vari esponenti di «L’Italia sono anch’io», campagna promossa da 19 organizzazioni (tra cui Caritas italiana, Fondazione Migrantes, Acli, Rete G2 e Libera) che nel 2012 ha raccolto più di 100mila firme per chiedere la riforma della legge sulla cittadinanza. «Siamo molto felici che ci sia stato un intervento di Renzi su questo tema» commenta Mohamed Tailmoud, portavoce della Rete G2, che rappresenta le cosiddette «seconde generazioni » di immigrati, quelli nati in Italia e direttamente interessati dal provvedimento. Al centro della vicenda c’è la legge sulla cittadinanza, la 91 del 1992, basata sul cosiddetto
ius sanguinis (cittadinanza solo ai figli e ai discendenti di italiani). Una legge che penalizza un milione e 87mila giovani, italiani 'di fatto' ma non agli occhi della legge, malgrado quasi il 60% di loro sia nato qui mentre il 21% è arrivato nel Belpaese prima dei cinque anni. L’obiettivo di Matteo Renzi è quello di passare dallo
ius sanguinis a uno
ius soli temperato. Ovvero diventa cittadino chi nasce in Italia da genitori immigrati, a patto che venga concluso un ciclo scolastico. È il cosiddetto
ius culturae. «Come Rete G2 chiederemo un incontro al premier. Accogliamo molto volentieri la sua proposta, ma vorremmo discutere di come verrà articolata», spiega Tailmoud. Il punto centrale è il concetto di ciclo di studio. «A nostro avviso, sarebbe meglio indicare un numero minimo di anni di frequenza», spiega il portavoce della Rete. Soddisfatto, ma cauto Oliviero Forti, responsabile immigrazione della Caritas Italiana: «L’annuncio di Renzi è sicuramente positivo, ma non basta – commenta – e speriamo che alle parole seguano i fatti: non bisogna abbassare la soglia dell’attenzione». Del resto, la riforma della legge sulla cittadinanza sembrava cosa fatta solo due anni fa, eppure nessun governo è riuscito a chiudere la partita. «Chiediamo che la riforma venga calendarizzata da Parlamento entro la fine dell’anno », conclude Forti. «Speriamo che si arrivi a un’intesa sui temi fondamentali», auspica monsignor Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, che definisce l’estensione della cittadinanza «una responsabilità che porta le persone a sentirsi parte di una comunità». Anche monsignor Perego invita a non abbassare l’attenzione: «Sono già state presentate tante proposte, ma a oggi non abbiamo ancora visto un testo comune e condiviso – conclude – mentre l’associazionismo ha già fatto le sue proposte. Il fatto che si arrivi a una forma temperata di
ius soli al termine di un percorso scolastico è un importante passo avanti». «Stiamo aspettando la riforma della legge sulla cittadinanza da più di dieci anni», commenta Antonio Russo, responsabile immigrazione delle Acli. Il giudizio sulla proposta del premier è positivo anche se restano da chiarire le modalità con cui mettere in atto la riforma: «Bisogna comprendere meglio la proposta e poi avviare un ragionamento per capire quale sarà la durata del ciclo scolastico di cui si parla». Tema a parte, la questione dei nati in Italia: «Per noi resta fermo il principio che se un bambino nasce in Italia è italiano », conclude Russo. Intanto, sul tema immigrazione, torna a farsi sentire Beppe Grillo: «Chi entra in Italia con i barconi è un perfetto sconosciuto: deve essere identificato immediatamente. I profughi vanno accolti, gli altri, i cosiddetti clandestini rispediti da dove venivano », scrive sul suo blog. Il leader dei Cinque Stelle, inoltre propone l’obbligo di visita medica all’ingresso.