Sono le dieci di sera quando i giudici della III sezione penale della Corte di Cassazione, chiusi in camera di Consiglio dalle 17.30, leggono il verdetto che conferma definitivamente, rendendola subito esecutiva, l’interdizione dai pubblici uffici per due anni, comminata a Silvio Berlusconi come pena accessoria alla condanna per frode fiscale (4 anni, di cui 3 "indultati") nel processo Mediaset dell’estate scorsa. Il collegio di cinque giudici, presieduto da Claudia Squassoni, dichiara «irrilevanti» le questioni di incostituzionalità delle norme tributarie sollevate dai difensori Franco Coppi e Niccolò Ghedini, rigettando il ricorso nella restante parte.La sentenza chiude l’appendice processuale del caso Mediaset: ad agosto la stessa Cassazione aveva chiesto di rivedere la durata dell’interdizione, inizialmente fissata in cinque anni; il 19 ottobre la corte d’Appello di Milano l’aveva ridotta a due, ma la difesa di Berlusconi aveva impugnato la sentenza. Così l’ultima parola è toccata ancora una volta alla suprema corte, che ha accolto la richiesta della requisitoria del sostituto procuratore generale Aldo Policastro. «Grande amarezza» è stata espressa dall’avvocato (e senatore di Fi) Ghedini: «Come abbiamo detto nel corso dell’udienza, avremmo ritenuto quantomeno necessario un approfondimento presso la Corte europea di Strasburgo». In silenzio il Cavaliere (che ieri si trovava ad Arcore e oggi dovrebbe arrivare a Roma): ai suoi aveva già anticipato di non attendersi dalla Cassazione alcuna sorpresa.Dopo la sentenza, è ormai evidente l’impedimento per il leader di Forza Italia (già colpito a fine novembre dalla decadenza dal seggio senatoriale, in conseguenza della legge Severino) a candidarsi alle elezioni europee di fine maggio. E monta l’ira nel partito: «Ormai c’è una preclusione ideologica che soffoca ogni tentativo di difesa», lamenta la responsabile comunicazione di Fi, Deborah Bergamini; «Ci sarà pure un giudice a Strasburgo» auspica il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta; «Nessuno può impedirgli di fare campagna elettorale e guidare i suoi elettori», ripetono in molti. Da giorni Daniela Santanché raccoglie firme per chiedere al capo dello Stato Giorgio Napolitano di accordare a Berlusconi la grazia, che gli consentirebbe un pieno ritorno sulla scena politica. Ma ieri dal Quirinale è arrivata una nota decisa: Napolitano, nel ricordare che «costituzionalmente» la decisione finale su diverse questioni sollevate in questi giorni (grazia compresa) spetta a lui, ha precisato che «non interviene né ad avvalorare né a smentire» sollecitazioni o previsioni «che impegnano semplicemente coloro che le esprimono». Il prossimo 10 aprile, infine, il tribunale di sorveglianza di Milano dovrà decidere se concedere a Belusconi di scontare l’anno di detenzione residuo (10 mesi e mezzo effettivi) con l’affidamento ai servizi sociali, come richiesto dai suoi legali, o ai domiciliari.