«Con questo sole direi di no», è la risposta del giorno di Umberto Bossi a chi gli chiede se si andrà alle elezioni a marzo. Per una volta l’ottimismo del premier coincide con quello del ministro delle Riforme. E nel personalissimo "barometro" del leader della Lega, nonché nel quotidiano borsino della politica, ieri l’ipotesi delle urne ha perso colpi. Il cuore di tutto resta sempre il varo del federalismo. Ma su questo punto le rassicurazioni fornite l’altroieri da Berlusconi sembrano aver raggiunto Bossi: «Se non ci sono i numeri preferisco le elezioni», ha proseguito il titolare delle Riforme, prima di aggiungere però che «scommetto che ci saranno i numeri per approvare i decreti attuativi, perché sanno che se non passa lì si va al voto. Facciamo prima il federalismo, poi ci pensiamo». Urne più lontane, dunque (almeno fino alla prossima "uscita" di Bossi), anche perché l’Umberto smonta le illazioni sull’asse fra i
lumbard e il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che ambirebbe sostituirsi al Cavaliere: «Tremonti non farebbe mai uno scherzo e uno sgarbo a Berlusconi».È il giorno della frenata, insomma, rispetto ai timori dei giorni scorsi, anche se per Italo Bocchino, "numero due" di Fli, resta «evidente che Bossi e Tremonti stanno spingendo Berlusconi verso il voto, mentre il premier preferirebbe l’accanimento terapeutico, continuando a galleggiare». E i ragionamenti di Bossi da Calalzo di Cadore, fatti all’immediata vigilia della tradizionale "cena degli ossi" che ieri sera ha visto lo "stato maggiore" del Carroccio riunito proprio con il titolare del Tesoro (si era parlato di un possibile arrivo anche di Berlusconi, ma Bossi l’ha escluso), non contraddicono le parole di Roberto Calderoli. Il ministro della Semplificazione, in un’intervista pubblicata ieri da
il Sole-24 ore, aveva spiegato le esternazioni dei giorni scorsi di Bossi sostenendo che non erano un ultimatum: «Macché, era solo buon senso». Per Calderoli l’aut aut del leader leghista va letto anche al contrario: cioè in caso di via libera alla riforma federalista, il voto anticipato si allontanerebbe. Un messaggio legato al fatto che gennaio è un mese chiave per la riforma: entro il 28 la commissione bicamerale dovrà varare il decreto sul federalismo municipale, che assegna ai Comuni i tributi immobiliari e dà vita alla nuova Imu (c’è già stata una proroga di 20 giorni e non sono possibili altre). Una prospettiva resa più incerta dalla sostanziale parità - 15 a testa - che vige ora nella Bicamerale fra i due schieramenti.Un margine d’incertezza permane, però. E Bossi lo spiega a modo suo, come sempre: «In certi giorni c’è il sole – ha sentenziato – e in certi altri ce n’è di meno. La politica è lo stesso, è fatta di persone. Io, comunque, sono ottimista di natura».