sabato 24 agosto 2013
​Oggi l'incontro decisivo tra i capi del Pdl; in agenda l'intricata situazione politica e la road map per la rinascita di Forza Italia. Il Cavaliere: sono stanco dei giochetti del Pd, così si corre verso la crisi.
Ipotesi amnistia, il Pd alza il muro 
Imu, mancano i fondi per toglierla
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EDITORIALE Pd, Pdl e interesse del Paese di Sergio Soave
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«Per quel che vedo e sento il Pd sembra che abbia già deciso. Non credo a nessun atto di clemenza. Se vogliono, la soluzione possono trovarla in qualsiasi momento, ma non mi fido. Dobbiamo andare avanti per la nostra strada». Silvio Berlusconi è disilluso e molto sfiduciato. Non crede a un’amnistia che risolva il problema della sua agibilità politica e scongiuri una crisi di governo. E non crede nemmeno nella grazia: «Mi vogliono in galera, vogliono solo farmi fuori», ripete. Asserragliato a Villa San Martino, ad Arcore, il Cavaliere guarda con diffidenza al Partito democratico e al Quirinale, che hanno fatto passare ancora altre 24 ore senza mandare un segnale. Senza capire, secondo chi gli sta vicino, che la sua sorte politica a questo punto è legata a doppio filo a quella dell’esecutivo a guida Enrico Letta. Cade lui, cade anche il premier in carica.La soluzione c’è, ripete. «Il Pd approfondisca la questione giuridica», aveva intimato infatti due giorni fa il segretario del Pdl Angelino Alfano. Ma l’impressione è che il dibattito sul piano giuridico non decolli affatto. Tutt’al più ci sono gli spazi per allungare i tempi di riflessione in giunta in modo da non far deflagrare lo scontro, auspicando che nel frattempo gli avvocati del Cavaliere possano strappare condizioni di espiazione non troppo dure. La speranza remota, però, è ancora che su una sentenza, ritenuta dall’ex-premier «infondata, ingiusta, addirittura incredibile» si riesca ad intervenire.Oppure c’è l’idea dell’intervento della Consulta. Ossia quella Alta Corte che, nelle sue intenzioni, dovrebbe essere chiamata a una interpretazione “autentica” della legge Severino, ovvero che non ci sia retroattività sull’applicazione della incandidabilità. Ma il Cav. però, in fondo in fondo, non vuole strappare. Almeno per ora, anche perché, raccontano sempre persone a lui vicino, sarebbe forte il pressing non solo delle colombe guidate da Angelino Alfano, ma anche dei figli Marina e Piersilvio, più propensi a una linea soft, che offre più garanzie alla stabilità delle aziende in uno scenario economico politico che prevede non solo la sopravvivenza, ma la continuità delle “larghe intese”. Tuttavia, Berlusconi sa che i margini di manovra per evitare la decadenza da senatore sono molto stretti, ma sa anche che se dovesse sfilarsi dalla maggioranza, ci sarebbero ancora troppe incognite. La più forte è quella del voto, visto che Giorgio Napolitano difficilmente gli concederà una "finestra" elettorale. Non solo. Ad Arcore si ha la consapevolezza che la matematica, soprattutto in politica, non è affatto un’opinione. Scelta Civica non si sfilerà. Sel potrebbe rientrare senza problemi al posto del Pdl, contenta di aver comunque affossato il Cavaliere. Alla fine il conto finale dice una cosa: al Senato il centrosinistra più Scelta civica per diventare maggioranza basterebbero pochissimi senatori per far vivere un Letta-bis. Davvero sicuri nel Pdl che nessuno si sfilerà? Davvero sicuri che il Pd preventivamente non abbia già approfittato dei problemi interni del Movimento 5 Stelle per fare un accurato e proficuo reclutamento? E, ancora, davvero sicuri il Pdl (o Forza Italia) che in corsa solitaria (l’accordo con la Lega Nord non è affatto certo, checché ne dica Umberto Bossi) possa vincere le elezioni con il 51% per fare la riforma della giustizia, passando sul cadavere dell’attuale esecutivo chiamato a un patto nazionale contro la gravissima crisi economica? Incognite che fanno tremare i polsi a molti, nel Pdl. E quindi, frenato dall’ala moderata del partito e da queste domande, il Cav attende ancora un segnale concreto dal Quirinale per raffreddare il clima. Oggi appunto, a Villa San Martino, il leader azzurro vedrà a pranzo lo stato maggiore del partito. Ci saranno, tra gli altri, il segretario Angelino Alfano, Denis Verdini, Daniela Santanchè, Daniele Capezzone, Maurizio Gasparri, Barbara Saltamartini. Sono attesi anche i capigruppo, Renato Brunetta e Renato Schifani e i ministri. Sul tavolo l’exit strategy in vista della riunione della giunta del Senato del prossimo 9 settembre, del lancio di Forza Italia previsto in quello stesso mese e dei provvedimenti economici chiave del governo (Imu e Iva). Berlusconi alla fine sembra in un vicolo cieco: o fa saltare il tavolo subito o sarà troppo tardi, ragionano nel partito. I falchi spingono per rompere, le colombe invitano alla cautela.
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