Il «superfluo» e l'indispensabile. L'intervento di Mattarella sul Csm
sabato 30 maggio 2020

A ciascuno il suo. Strattonato da giorni, con insistenza al limite dello sgarbo istituzionale, il presidente della Repubblica e del Csm Sergio Mattarella ha redistribuito le carte di una partita che si va facendo via via più delicata e pericolosa. La posta in palio è altissima, si tratta del prestigio del Consiglio superiore e della magistratura in generale, ma anche della credibilità del Parlamento chiamato a varare una riforma non più rinviabile.

Insomma: se perde uno, perdono tutti.

Con la nota diffusa nel pomeriggio di ieri dall’Ufficio stampa, il Quirinale ha voluto ricordare le proprie prerogative e anche i propri limiti, così che gli altri soggetti interessati tornino ciascuno nel ruolo che la Costituzione gli affida. Del resto, si può dire che un intervento di questo tipo era ormai inevitabile, viste le nuove spiacevoli sorprese portate a galla dalle intercettazioni del cosiddetto “caso Palamara”.

Il capo dello Stato aveva già parlato con estrema chiarezza un anno fa, a vicenda appena svelata in tutta la sua gravità. Davanti al plenum di Palazzo dei Marescialli aveva espresso il suo giudizio e formulato l’auspicio di riforme in grado di raddrizzare le storture e le vergogne ormai sotto gli occhi di tutti. «Oggi si volta pagina», aveva detto. Ma la strada è lunga, faticosa e disseminata di insidie.

Così ieri, il Colle ha dovuto rammentare ciò che nella nota ha definito «superfluo» ma che purtroppo, evidentemente, non lo è. Cioè che il presidente non è il padrone del Csm, non può scioglierlo a suo piacimento. Che nessuno, nemmeno leader politici come Matteo Salvini e Giorgia Meloni, possono chiedergli di andare oltre la Costituzione.

Ma ha ricordato anche altro. Per esempio che giudici e politici non dovrebbero giocare di sponda tra loro, che è inaccettabile che un magistrato teorizzi azioni giudiziarie contro un ministro per ragioni politiche, che le riforme le devono fare il governo e il Parlamento. Tutto il superfluo che nell’Italia di oggi è indispensabile.

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