mercoledì 20 novembre 2013
​Dopo il flop in Trentino un’altra delusione per la lista di Grillo. Si riaprono tensioni interne.
COMMENTA E CONDIVIDI

​Un’altra mezza sconfitta. E due conferme: il netto calo del consenso rispetto alle Politiche e le evidenti difficoltà che M5S incontra sempre quando gareggia nelle competizioni "locali". Lì non riesce proprio a incidere. È la doppia lettura che il partito di Beppe Grillo dà al voto in Basilicata. Il candidato dei pentastellati, Piernicola Pedicini, non va oltre il 13% delle preferenze (nel 2010 M5S non c’è). Il confronto con i numeri di febbraio è impietoso: ben 11 punti in meno. «Inutile nascondersi, c’è stata una flessione evidente – ammette il senatore lucano Vito Petrocelli –. L’alta astensione ci dice, inoltre, che non siamo stati bravi a intercettare il "non voto"». Secondo Petrocelli la perdita di voti è dovuta a diversi fattori: «Paghiamo l’inesperienza e alcune incapacità dimostrate in questi mesi in Parlamento ma, ancor di più, un’informazione tv che ci ha dipinto ingiustamente come il problema principale del Paese».

La discesa del consenso contribuisce a creare nuove tensioni. Il clima nella pattuglia parlamentare non è infuocato come nel recente passato, ma lo spettro di una scissione esiste ancora. Gli scontri tra fedelissimi e dissidenti permangono. I "ribelli" sarebbero pronti a presentare un documento entro due settimane, dopo il V-day di Genova. «Se dovessero lasciare altri non sarei sorpreso, la "castite" è contagiosa», sostiene il deputato Riccardo Fraccaro. Entro il 26 novembre, inoltre, deputati e senatori dovranno effettuare la rendicontazione con scontrini e ricevute degli ultimi quattro mesi in vista del nuovo "Restitution day" per far rientrare nelle casse dello Stato parte della diaria non spesa e dell’indennità. 

Nei prossimi giorni bisognerà analizzare in modo approfondito pure il calo alle urne registrato da febbraio in poi. La Basilicata, infatti, rappresenta solo l’ultima di una lunga serie di delusioni inanellate in questi mesi. Una delle più recenti risale a fine ottobre, quando alle elezioni provinciali in Trentino Alto Adige, M5S ottenne un misero 5,7 per cento a Bolzano e si fermò addirittura sotto il 3 per cento a Trento. Prima ancora ci fu l’arretramento in Friuli. Per non parlare della Caporetto di giugno in Sicilia (proprio nella regione in cui con la traversata dello Stretto di Grillo era partita la corsa per l’ingresso in massa in Parlamento): a Catania, Messina e Siracusa i tre candidati a sindaco M5S rimasero sotto il 4 per cento. Del resto, la disfatta siciliana arrivò sulla scia del crollo generale alla tornata di amministrative di fine maggio. A Roma, ad esempio, il candidato grillino al Campidoglio, Marcello De Vito, non superò il 12 per cento: «A livello locale entrano in gioco meccanismi e interessi che favoriscono i partiti tradizionali – dice De Vito –. I nostri candidati, poi, hanno poca visibilità e vengono visti agli occhi dei cittadini come degli sconosciuti». All’interno del movimento, comunque, sono sicuri che questi mezzi passi falsi non si ripeteranno in primavera. «Alle Europee la musica cambierà – aggiunge De Vito –. Dopo una leggera flessione, gli ultimi sondaggi ci danno in ripresa. Ne siamo convinti: a fine maggio ci sarà il secondo boom».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: