ANSA
Subito 20 milioni per l’emergenza Emilia Romagna: il giorno dopo la grande alluvione che si è portata via interi territori e centinaia di sfollati, e uno strascico di polemica politica, la premier Giorgia Meloni accelera. L’annuncio del primo stanziamento di fondi viene fatto nel corso del videocollegamento con la Regione ieri pomeriggio. Alla riunione di emergenza, fa sapere Palazzo Chigi, hanno partecipato fra gli altri il ministro per la Protezione civile Nello Musumeci, il presidente della Regione facente funzioni Irene Priolo, il capo della protezione civile Fabio Ciciliano e il commissario straordinario Paolo Figliuolo.
Meloni «ha ribadito la solidarietà del governo alla popolazione colpita» e «assicurato che, non appena giungerà al governo la richiesta di dichiarazione dello stato d’emergenza da parte della Regione Emilia Romagna (inviata fra l’altro sempre ieri, poco dopo la riunione, ndr) sarà convocato un Consiglio dei ministri che provvederà a stanziare 20 milioni di euro per far fronte alle prime necessità e per il ripristino dei servizi essenziali, e che ulteriori stanziamenti saranno resi disponibili all’esito delle ricognizioni successive all’emergenza». Il consiglio dei ministri è stato pertanto convocato per questa mattina, con un unico punto all’ordine del giorno: lo stato di emergenza non solo per le Marche ma anche per l’Emilia Romagna.
Intanto c'è una buona notizia: nessuna persona dispersa nel ravennate. La buona notizia arriva in giornata dalla Prefettura di Ravenna, è la smentita dell'iniziale segnalazione di due persone disperse dopo la piena che ha travolto argini e case a Traversara, frazione di Bagnacavallo. Un tecnico del consorzio di bonifica, sul posto, aveva creduto di vedere una persona spazzata via dall'acqua e un'altra in una casa poi crollatagli davanti agli occhi. Segnalazione, ricostruisce il prefetto ravennate Castrese De Rosa, che era opportuno verificare e accertare. Ieri la notizia era stata rilanciata dal viceministro Galeazzo Bignami, appresa dal capo della Protezione civile, mentre oggi le verifiche e i riscontri hanno dato tutte esito negativo.
Si cerca di capire come e cosa si poteva fare per evitare, a distanza di poco più di 12 mesi, uno stesso drammatico evento alluvionale. Se per i geologi dell’Emilia Romagna serve dare spazio all’acqua dei fiumi, per gli agronomi è invece mancata la manutenzione. Una cosa però è certa, il cambiamento climatico, anche in questo caso, potrebbe aver giocato un ruolo determinante. «È difficile stabilire esattamente chi fa cosa ma in questo caso l’aumento della umidità nell’aria potrebbe esser stata una concausa» sottolinea Carlo De Michele, professore di idrologia e risorse idriche del Politecnico di Milano. Con un gruppo di scienziati internazionali, De Michele studia dal 2012 «eventi come quello che ha colpito i territori dell’Emilia Romagna nel 2023 e similmente quello dell’altro giorno» aggiunge. Gli scienziati li chiamano eventi “compound”.
«Abbiamo da poco terminato lo studio dell’evento del 2023 – spiega – in quel caso erano esondati contemporaneamente circa 21 corsi d’acqua con allagamenti diffusi in 37 Comuni. Guardando le mappe di oggi vediamo che anche quest’ultimo evento ha un’estensione ampia. Siamo di fronte a quello che noi chiamiamo “compound climate-related event” (evento complesso legato al clima, ndr)». La comunità scientifica e l’Ipcc (il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico dell’Onu) li sta studiando dal 2012. «L’innalzamento della temperatura di un grado porta a un incremento del 7% di umidità in atmosfera – aggiunge De Michele – noi siamo già a un grado e mezzo e quindi con un aumento di vapore acqueo in atmosfera e una precipitazione più copiosa: nella situazione attuale dobbiamo attenderci il verificarsi di un incremento della frequenza di queste eventi compound proprio per questo aumento dell’umidità atmosferica».
A fare la differenza potrebbe esserci la manutenzione del territorio. «Dove non c’è cura c’è, in aggiunta alle precipitazioni intense, il trasporto elevato di materiale arboreo».
Anche gli agronomi puntano il dito sulla cultura della manutenzione ordinaria del territorio, «valutando gli effetti della vegetazione lungo i singoli settori dei corsi d’acqua, manutenendo la rete per il deflusso delle acque superficiali, troppo spesso rallentata da una burocrazia immobile rispetto all’evolvere degli eventi climatici» sottolinea Giovanni Gualtieri, presidente dell’Ordine dei dottori agronomi e dottori forestali di Ravenna «Tanto che é passato più di un anno e pare di essere ancora al punto di partenza», aggiunge. «Il dato più sconcertante – gli fa eco Alfredo Posteraro, presidente della federazione regionale degli Ordini dei dottori agronomi e dottori forestali dell’Emilia-Romagna – è che le esondazioni e i danni maggiori si sono verificati, principalmente, negli stessi posti dell’alluvione 2023. Un dato che deve far riflettere, perché in un anno, non siamo riusciti a fare neanche la messa in sicurezza dei siti che hanno generato tutte le problematiche della scorsa alluvione».
Ma per i geologi non basta fare manutenzione, «ci vuole coraggio per fare azioni drastiche sul territorio». «Di fronte ad eventi del genere – ammette Paride Antolini, presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia-Romagna – c’è poco da fare, non bastano le casse di espansione, non basta abbassare le golene e adeguare le sezioni, occorre dare spazio all’acqua senza se e senza ma. Sappiamo che c’è un folto gruppo di pensiero che invoca continuamente come un mantra la pulizia dei fiumi e dei fossi come operazione necessaria e sufficiente per affrontare il problema, soluzioni che con queste precipitazioni sono paragonabili alle cure omeopatiche».
Secondo l’Ispra più del 93% dei Comuni italiani è a rischio per frane, alluvioni ed erosione costiera. Oltre 7 milioni le persone risiedono in territori fragili a rischio frane o pericolosità idraulica e, «se non si intraprenderanno azioni, la pericolosità è destinata ad aumentare e dal 2018 è già salita del 3,8%» sottolinea Actionaid che lancia un appello al governo «affinché il Paese si doti di una legge per le ricostruzioni equa, che includa la partecipazione delle comunità colpite nel post-disastro».
Il Wwf punta il dito contro la politica e «l’assoluta assenza dei necessari atti politici e operativi per adeguare il Paese alla nuova realtà climatica, sia nella mitigazione – abbattimento emissioni - sia nell’adattamento». «In Romagna si è ripetuto in due anni un disastro che una volta si riproponeva dopo secoli – aggiungono gli ambientalisti – Il Piano nazionale di Adattamento è stato approvato alla fine dello scorso anno, dopo di che è stato messo in un cassetto e non è entrato nelle priorità del Governo».
© riproduzione riservata