Francesco Gallone
Ci vuole una chiesa grande come Sant’Angelo per far spazio ai tantissimi che hanno voluto salutarlo un’ultima volta, ma neppure il tempio francescano di via Moscova a Milano è sufficiente per contenere l’affetto e la gratitudine per Francesco Gallone, il giovane che ci ha lasciati martedì come improvvisamente sfinito dalla lotta ingaggiata dal giorno della sua nascita – 22 anni e mezzo fa – con la grave disabilità che ne ha segnato il corpo, ma al tempo stesso esaltandone lo spirito indomito. E le esequie, partecipate con una commozione e una serenità che tocca nel profondo, sono state un vero inno alla gioia di questo ragazzo pieno di vita e ottimismo, di tenacia e affetto per tutti. Ecco come Noi genitori e Figli raccontava la sua storia il 30 marzo 2014
Le preghiere degli amici al funerale
È raro sentirsi parte di un ricordo così dolce di fronte a quella che, umanamente parlando, resta una tragedia, la perdita di una persona che dalla sua sedia a rotelle è stata capace di seminare nella vita di chi l’ha conosciuto il buon grano della fiducia per il prossimo, della speranza davanti a ogni avversità, della passione per tutto ciò che accende il cuore. La preghiera dei fedeli, una testimonianza dopo l’altra, si trasforma così in una vera preghiera di popolo, la gratitudine di coetanei e amici di famiglia, parenti e medici che l’hanno avuto in cura. Ognuno ha la sua storia, il suo Francesco. In ciascuna voce c’è un’oncia di verità che si aggiunge all’altra, a comporre il ritratto di un ragazzo battagliero dall’allegria espansiva, aperta e persino rumorosa, capace di uno sguardo buono e originale sulla realtà e gli altri, certamente appreso in famiglia – dalla mamma Anna e dal papà Riccardo, scomparso tre anni fa – insieme alla certezza che ogni giorno Dio ci offre un’occasione per cambiare il mondo, ma sul serio.
Francesco è stato un dono
Colpisce, tra tutto, che a insegnare così tanto e in così poco tempo sia stata una persona che secondo la «cultura dello scarto» denunciata dal Papa come la cinica firma del dilagante individualismo efficientista, avrebbe dovuto essere destinato ad accontentarsi, un uomo limitato, se non un peso. Invece Francesco è stato un dono. E la pace interiore che accompagna tutti sul sagrato, con l’applauso alla partenza del feretro sotto il cielo grigio di una città tornata gelida, è il segno che di lui non resta solo un ricordo ma un’impronta incancellabile: chi agli occhi del mondo pare il più povero dispensa ricchezza a tutti. Nel giorno della
Candelora, è la luce che ci affida Francesco Gallone, come una preziosa consegna.
La notizia dolorosa della morte
La notizia si era diffusa martedì notte, 30 gennaio, con cautela e discrezione, perché pareva inaudita, troppo dolorosa per esser vera, intollerabile. Ma non si può respingere l’amara realtà. Pare incredibile che Francesco Gallone possa essere morto, e non tanto perché la disabilità, i lunghi ricoveri, le riabilitazioni sfibranti, le terapie faticose, la fragilità troppo spesso riemersa come un destino non l’avesse già esposto più volte al pericolo della vita.
Francesco però sembrava Highlander, ma con la battuta pronta: invincibile e dolce, allegro e determinato, diretto a costo di infrangere formalismi e prudenze. Una forza irrefrenabile. Nessuno nel suo esercito di amici poteva anche solo dubitare un istante che l’avrebbe sempre spuntata lui. Non c’era battaglia che ne potesse scoraggiare l’ironia e la tenacia, nessun progetto pareva irrealizzabile per quanto fosse ambizioso e persino visionario: spiegata da lui, la parete liscia e senza appigli si trasformava in un’avventura possibile, utile a tanti, entusiasmante per l’idea buona che c’era dentro.
Una sedia a rotelle contro tutti gli ostacoli
La sua sedia a rotelle ha superato ostacoli davanti ai quali noi tutti che l’abbiamo conosciuto ci saremmo arresi anche solo ipotizzandoli lungo la strada. Francesco ci ha raccontato con la sua troppo breve vita - 22 anni appena - che l’impossibile attende mani e cuori, la gioia di provarci e l’intento sincero - ma sul serio - di offrire agli altri un servizio, un aiuto vero, una soluzione. Un pragmatismo sorridente, molto milanese, capace di animare la solidarietà di tanti non per pietismo ma avendo convinto anche solo un’altra persona a crederci, arruolandola all’istante nella sua mappa senza barriere.
L'amicizia iniziò con una lettera ad Avvenire
L’abbiamo conosciuto ad Avvenire per una lettera che inviò in redazione nel settembre 2012 per metterci a parte della battaglia ingaggiata dalla sua coraggiosa famiglia con il Ministero dell’Istruzione per esigere le ore di sostegno di cui aveva diritto. «Sono un ragazzo disabile, ho 17 anni, e so che lottare è la regola numero uno se vuoi sopravvivere - era il fulminante incipit -. Per questo scrivo ad Avvenire».
Ancor più eloquente la chiusa: «Ancora nessuno è riuscito a togliermi il diritto di essere arrabbiato». Ne nacque un dialogo pubblico con il direttore e una campagna che gli guadagnò altri nuovi amici, tra i quali chi nel nostro giornale racconta e sostiene imprese come la sua. Tifoso passionale dell’Inter, si è adoperato per agevolare l’accesso dei disabili a San Siro, ma anche al cinema, sui mezzi pubblici, a scuola, negli uffici amministrativi...
Al suo fianco la mamma Anna, donna sorridente e intrepida, un esempio di ingegno, generosità, senso imprenditoriale nel cercare di immaginare un futuro professionale per il suo Francesco. Neppure la morte prematura del marito, tre anni fa, l’aveva piegata. Ora abbiamo solo lacrime da sciogliere insieme alle sue, assolutamente certi che dal Cielo Francesco ci mostrerà possibile qualunque sogno. Basta che sia all’altezza dei suoi.