Per Avvenire è l’anno della richiesta dello stato di crisi (leggi ristrutturazione, cioè tagli), perciò il 1982 non sarebbe da ricordare con rimpianto né con particolare enfasi. Anzi! Ma sotto la pressione dei conti in rosso le alternative alle sforbiciate sono impossibili, così all’inizio della primavera i vertici aziendali iniziano una procedura che porterà nel giro di qualche mese a una drastica riduzione degli organici redazionali accompagnata dalla chiusura di tutte le redazioni periferiche. La pagine regionali quotidiane spariscono, i sacrifici sono pesanti, ma tutti i dipendenti, giornalisti o no, si rendono conto della gravità del momento. Mugugni? Certo, ma alla fine prevale il senso di responsabilità. Prima che termini l’anno, a novembre, viene presentato un piano editoriale di rilancio che si proietta sull’arco temporale di un quinquennio, segno che il peggio è passato.
Vicende di Avvenire a parte, l’82 è un anno che possiamo definire double-face, almeno per noi italiani: ci regala la straordinaria esultanza dell’11 luglio quando la nazionale vince il Mondiale di calcio ma ci consegna scenari da incubo per la carica di ferocia disumana di certi eventi, uccisioni, stragi, guerre. Guerra è un parola che dai tempi del Vietnam non viene più pronunciata e ascoltata con frequenza, ma improvvisamente il 2 aprile esplode il conflitto delle Falkland, nell’Atlantico meridionale.
Le forze della dittatura militare argentina capeggiata dal generale Leopoldo Galtieri invadono l’arcipelago inseguendo il vecchio sogno di strapparlo gli inglesi. Londra reagisce, manda laggiù portaerei e sommergibili, bombardieri e mezzi da sbarco, e per l’Argentina non ci sarà nulla da fare. L’avventura bellica giocata sull’esaltazione del nazionalismo quale impossibile rimedio alla crisi economica interna costa al Paese sudamericano 649 caduti, l’affondamento di un incrociatore, la perdita di numerose unità navali e aree. Gli inglesi ritornano alle Falkland il 20 giugno al prezzo di 255 vite umane.
Passano tre mesi e il mondo inorridisce davanti a un eccidio che si consuma in Medio Oriente, in Libano, attorno ai campi profughi di Sabra e Chatila, periferia ovest di Beirut. Per due giorni, dal 16 al 18 settembre, le Falangi libanesi e il cosiddetto esercito del Libano del sud si accaniscono contro i profughi palestinesi ospitati nella zona, sotto l’occhio complice dell’esercito israeliano. È una strage; sarà perfino impossibile avere un conteggio attendibile delle vittime, palestinesi, ma anche parecchi sciiti libanesi. Le stime parlano di un numero di morti variabile tra i 762 e i 3.500. L’Italia invierà poi i bersaglieri a proteggere l’evacuazione degli uomini dell’Olp di Arafat.
Ma intanto, visto che parliamo dell’Italia, dobbiamo registrare il gravissimo fatto di sangue che ha per teatro Palermo, città che non riesce a liberarsi dai tentacoli di Cosa nostra. È la sera del 3 settembre quando un lancio di agenzia manda in fibrillazione le redazioni di tutti i giornali: il prefetto del capoluogo siciliano, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, è caduto vittima di un agguato mafioso, lui e la moglie, alla quale ha cercato disperatamente di fare scudo. Muore anche l’agente di scorta. «Dum Romae consulitur...» ammonirà durante i funerali l’arcivescovo cardinale Pappalardo invocando una forte risposta dello Stato.
Altri eventi tragici dell’anno: il 18 giugno il chiacchierato banchiere Roberto Calvi viene trovato morto sotto il ponte dei Frati neri a Londra, un altro dei tanti misteri insondabili di quella stagione; il 9 ottobre terroristi di origine palestinese attaccano la sinagoga di Roma, muore un bambino e si contano una trentina di feriti. Il piccolo, Stefano Gaj Tachè, è la prima vittima della violenza antiebraica in Italia dall’avvento della democrazia.
Arriva novembre, il giorno 10 l’agenzia Tass annuncia la morte del segretario del Partito comunista dell’Unione sovietica Leonid Breznev. Gli subentra Jurij Andropov. La gerontocrazia moscovita non rinuncia all’esercizio del potere.
Prima di concludere, una notizia che riguarda il Vaticano. Il 1982 è un anno di cambio della guardia alla Congregazione per la dottrina della fede, al cui vertice Giovanni Paolo II insedia quale prefetto il cardinale Joseph Ratzinger, che per prendere il posto del cardinale Franjo Seper lascia la guida della diocesi tedesca di Monaco e Frisinga. Il Papa, a meno di un anno dall’attentato subìto in piazza San Pietro, si è perfettamente ristabilito e ha compiuto in febbraio un viaggio apostolico tra le giovani Chiese della Nigeria, del Benin, del Gabon e della Guinea equatoriale.