mercoledì 7 settembre 2016
Il geologo dell'Università di Urbino, Rodolfo Coccioni, è tra i pionieri della teoria dell'era delle calamità naturali. «Ma il processo non è irreversibile - avverte - a patto di ridurre i gas serra»
Terremoti, frane e alluvioni: è l'era del Sinforocene
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«Ci sono prove sempre più convincenti che il riscaldamento globale indotto dalle attività umane sta intensificando i fenomeni meteo climatici estremi e calamitosi». Mentre il Congresso internazionale di geologia, riunito nei giorni scorsi a Città del Capo (Sudafrica), considerato l’impatto sempre più pervasivo delle attività umane sulla conformazione stessa della Terra, dichiara la fine dell’Olocene, inaugurando l’era dell’Antropocene, in Italia c’è chi va già oltre. È il geologo dell’Università di Urbino, Rodolfo Coccioni, che parla apertamente (e non da oggi) del Sinforocene l’era geologica delle calamità naturali. Di cui abbiamo avuto, purtroppo, recenti manifestazioni come il terremoto di Amatrice e Accumoli.

Su quali basi poggia la sua teoria?

Sulla considerazione che l’inquinamento e il surriscaldamento dovuti al forte impatto ambientale dei consumi umani sono ormai abbastanza significativi da provocare rapidamente gravi cambiamenti climatici all’intero pianeta.

Con quali conseguenze?

Le ondate di calore e gli incendi saranno sempre più frequenti, gli uragani e le precipitazioni particolarmente intense cresceranno in numero e in intensità, la desertificazione avanzerà rapidamente, le frane e le alluvioni improvvise aumenteranno, l’innalzamento del livello dei mari provocherà estese e rapide inondazioni, l’estinzione di molte specie animali e vegetali subirà una marcata accelerazione.

Chi subirà gli effetti maggiori di questi fenomeni?

Saranno diversi da regione a regione e la loro gravità dipenderà dall’entità del riscaldamento. I danni procurati dai cambiamenti climatici saranno ovviamente più gravi per le comunità povere, maggiormente dipendenti dalle risorse sensibili al clima come l’acqua e il cibo locale e, per definizione, con limitate capacità di adattamento economico.

Come reagire a questi cambiamenti per limitarne le conseguenze?

Possiamo rispondere in due modi: mitigazione e adattamento. Mitigare significa limitare l’entità del riscaldamento futuro riducendo il rilascio in atmosfera di gas serra. Adattarsi significa sopravvivere e prosperare in un mondo più caldo. Poiché siamo già investititi dall’aumento delle temperature e un aumento ininterrotto sarebbe travolgente, una forte combinazione di mitigazione e adattamento sarebbe essenziale.

L’approdo al Sinforocene è irreversibile o si può tornare indietro?

Certo che si può tornare indietro a patto di fare, finalmente, ciò che la comunità scientifica chiede da tempo: ridurre le emissioni di gas serra in atmosfera, abbassando di almeno due gradi la temperatura della Terra. La mia non è, comunque, una visione catastrofista, ma improntata all’ottimismo, se però ci diamo finalmente una mossa.

Che cosa si può fare da subito?

Dobbiamo imparare che una corretta gestione ambientale non è un costo o un intralcio allo sviluppo economico, ma l’unica garanzia di un futuro migliore, più sicuro per noi e per le generazioni a venire. Serve, insomma, una nuova alleanza con la Terra.

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