Neanche il tempo di godersi la vittoria, che da Israele arrivano i primi duri attacchi a
Lebanon di Samuel Maoz, Leone d’Oro a Venezia 66. Beghe tutte interne questa volta, che hanno poco a che fare con la difficile situazione tra Tel Aviv e i Palestinesi, o il Libano. Polemiche sulla stampa e sui blog sono scoppiate dopo le dichiarazioni di un noto autore teatrale, Schmuel Hasfari. «Gli attori del film – è la sua accusa – sono parassiti». Il motivo? Non hanno fatto il servizio militare, obbligatorio per tre anni in Israele. «Eppure si fanno una carriera internazionale interpretando soldati impegnati in battaglia» ha spiegato Hasfari che aveva forse l’intenzione di fare un po’ di rumore per pubblicizzare il suo progetto di «sinistra nazionale israelina». Sta di fatto che il suo bersaglio sono tre degli attori di
Lebanon, Ittai Tiran, Oshri Cohen e Shmuel Moshonov, i primi due già celebrati per
Beaufort altro famoso film di guerra israeliano: «Non lavorerò mai con uno di loro». «Mai mi verrebbe la voglia di recitare le frasi insulse di Hasfari» ha replicato Tiran. Israele comunque gioisce della vittoria: «un successo stupefacente» secondo i giornali: «Il cinema dimostra di essere ormai il settore centrale della cultura israeliana». Freddissime, al limite del silenzio, invece le reazioni in Libano, anche perché le autorità di Beirut vietano la diffusione delle produzioni israeliane. Come già successo per
Valzer con Bashir, sempre un film israeliano sulla guerra in Libano, nessun giornale ne ha parlato, tranne Al Akhbar, giornale filo Hezbollah, che lo ha liquidato così: «C’è più immaginazione che fatti».