Alessio Boni ed Ettore Cardinali (Giacomo bambino) in una scena della fiction - Web
Se conoscete e amate Giacomo Leopardi, la miniserie di Sergio Rubini Leopardi – Il poeta dell’infinito (Rai1, martedì 7 e mercoledì 8 gennaio) probabilmente vi provocherà un piccolo sbandamento; se, al contrario, non vi piace perché lo considerate pesante e noioso, le due puntate fanno al caso vostro perché offrono un ritratto del poeta molto diverso da quello al quale siete, anzi siamo, abituati. Rubini, (anche autore della sceneggiatura insieme a Carla Cavalluzzi e Angelo Pasquini) dichiara senza timore il suo scopo: trasformare Giacomo Leopardi in una «icona pop. Non più lo studioso curvo sui libri ma un esuberante enfant prodige che desidera divorare il mondo e viverne appieno ogni sfaccettatura».
Leonardo Maltese, nei panni di Leopardi adulto - Web
Per raccontare il “suo” Leopardi, Rubini fa cominciare la vicenda nel 1837 con l’amico del poeta, Antonio Ranieri (Cristiano Caccamo) che, in una notte di temporale, cerca di convincere don Carmine (Alessandro Preziosi) a dare degna sepoltura a Giacomo che è appena morto. Il sacerdote si oppone perché, dice, Leopardi era ateo e Ranieri, per convincerlo, inizia a ripercorrere a ritroso la vita dell’amico proprio a partire dalla sua educazione religiosa e dalla decisione di genitori di destinarlo alla carriera ecclesiastica. Una decisione che il piccolo Giacomo accoglie con entusiasmo, buttandosi a capofitto nelle migliaia di libri custoditi nella biblioteca di famiglia della casa di Recanati che il padre gli mette a disposizione: «Nei libri c’è il mondo intero» gli dice, trasformandolo di fatto in un recluso. Ben presto i progetti paterni si scontrano con la realtà: Giacomo da un lato continua nel suo studio “matto e disperatissimo” per compiacere il padre ma, dall’altro, guarda dalla finestra i suoi coetanei che giocano in strada e sogna di essere come loro. È ancora un ragazzino quando dice: «Non si può essere legati come animali domestici, io non resterò a lungo in questa casa»; ma a diciannove anni è già affetto da tante patologie considerate inspiegabili per la sua età dal medico di famiglia e suo padre gli taglia la carne a tavola perché non si affatichi. A mettere la parola fine alla sua carriera ecclesiastica ancor prima che questa sia cominciata è l’incontro con l’affascinante cugina Gertrude che sarà poi sostituita nel suo cuore dalla bellissima Fanny Targioni Tozzetti (Giusy Buscemi) che però gli preferirà l’amico Antonio Ranieri.
Anche solo da queste poche righe si intravede già il ritratto che Rubini vuole offrire di Giacomo Leopardi: quello di un giovane dalla vitalità dirompente, una figura brillante, trasgressiva e piena di fascino. Non a caso, a interpretarlo è stato chiamato un giovane di bell’aspetto come Leonardo Maltese e al personaggio è stata volutamente tolta ogni deformità fisica: «Abbiamo cercato di raccontare la sua visione del mondo piuttosto che la sua fisicità – spiega Rubini –. Gli abbiamo tolto la gobba e quella patina un po’ presepiale che lo accompagna e ci siamo preoccupati del suo pensiero». Per spiegare il senso dell’operazione, Rubini ricorre al paragone con Amadeus, il film di Milos Forman incentrato su una presunta quanto improbabile inimicizia tra Mozart e Salieri: «L’incontro tra i due, in realtà, non è mai avvenuto ma quel film ha divulgato l’idea del mondo di Mozart e ha reso pop la musica classica. Se noi riusciremo a raccontare il “Leopardismo” e a rendere pop il suo pensiero e la sua poetica, avremo fatto un grande lavoro». Un lavoro che, per il regista, è quanto mai necessario nell’era dell’avvento delle piattaforme e delle relative serie tv: «È sotto gli occhi di tutti che siamo circondati da storie che non arrivano dal nostro Paese. Niente di male ma dobbiamo anche ricordarci della nostra storia». Questo Leopardi inedito piace a Maltese, che gli ha dato il volto nella miniserie: «Lui è eternamente giovane, ci servono persone come lui che riescono a esprimere sentimenti profondi. Giacomo era molto sensibile, si è innamorato molto ed è stato amato e ha viaggiato. C’è molto di più dell’immagine bidimensionale dell’uomo depresso e chiuso in casa che siamo abituati a vedere».
Alessio Boni interpreta il conte Monaldo Leopardi, il padre di Giacomo: «Era un signore austero e rigido che non andava oltre certi schemi. Amava la letteratura e la filosofia e amava suo figlio, anche se questo amore non prevedeva abbracci o il bacio della buonanotte, e gli ha dato in pasto i libri perché credeva così di farlo diventare un uomo, un intellettuale».
A proposito di figli e di libri, l’attore osserva: «A 14-15 anni tanti ragazzi sono profondi, ogni volta che nasce un bambino nasce un infinito anche se siamo in un mondo disumano. Entrare oggi in un liceo è come entrare all’inferno, i giovani si sentono disadattati». Da ciò l’importanza della poesia che «non ha confini. Il vero progresso è crescere in umanità. A Leopardi abbiamo tolto le etichette e anche la gobba, ma chi se frega della gobba!». E dunque, assicura Alessandro Preziosi, «ben vengano lavori come questo che a me ha reso Leopardi più accessibile di prima».
Leopardi – Il poeta dell’infinito è prodotto da Rai Fiction, IBC Movie, Rai Com e Oplon Film. Nel cast ci sono anche Valentina Cervi (la madre Adelaide Antici) e Fausto Russo Alesi (l’amico e mentore Pietro Giordani).