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«In poesia non c’è più nulla di ordinario e normale» ha detto Wislawa Szymborska alla cerimonia del premio Nobel: per lei i poeti «continuano a provare» e «i risultati della loro auto-insoddisfazione vengono graffati insieme da una gigantesca cucitrice dagli storici della letteratura». Un’enorme graffettatrice può essere anche il mercato, poco sensibile alle poetiche perché segue la regola delle vendite in libreria, da cui 7 libri di poesia su 10 tornano ai magazzini degli editori senza aver venduto. È una questione di classifiche: non fanno letteratura ma sono un indice della difficile sostenibilità del genere.
La poesia in verità è tenuta fuori dalle classifiche dei giornali e alcune opere rientrano, molto saltuariamente, dalla finestra, nel settore di varia. Uno degli ultimi casi è avvenuto con il monologo di Saviano dedicato alla poetessa polacca, a Che tempo che fa, facendo balzare il volume Adelphi primo in classifica nell’inverno 2012. E i meno giovani ricordano Alda Merini al Maurizio Costanzo Show o Baricco su Rai 3 nel programma Pickwick con il rilancio del Giovane Holden.
Il rapporto tra poesia ed editoria è da sempre più complicato e meno chiaro che per altri generi. Dati disponibili soltanto per gli addetti ai lavori sulle vendite in libreria da inizio gennaio a inizio ottobre 2020 segnalano che il libro in versi più venduto ha toccato 9.000 copie, però il centesimo non è arrivato neppure a 1.000. Sono cifre basse se raffrontate soltanto a una settimana di vendita dei best seller di narrativa. Solo 38 titoli in versi hanno superato le 2.000 copie da inizio anno e soltanto 7 titoli hanno superato le 5.000. Intanto nei primi 15 posti non compaiono le due collane più prestigiose come la Bianca Einaudi e lo Specchio Mondadori.
È interessante osservare le tendenze: la prima riguarda i classici, che resistono: con il Purgatorio di Dante al 4° posto (con quasi 7.000 copie) e l’Inferno all’11°, in edizione cartonata da genere narrativo e prefazione di un docente-scrittore amato, Alessandro D’Avenia. Tengono l’Orlando furioso raccontato da Calvino e ancora Dante, l’intera Commedia nella collana Mammut di Newton Compton a 9,90 euro con oltre 4.500 copie. Conta essere testi di studio, obbligati dalla scuola, e in edizione tascabile economica.
Un’altra tendenza riguarda l’attenzione ai contemporanei. Al 7° posto abbiamo Alda Merini, che resiste nel cuore dei lettori con l’antologia Fiore di poesia, la prima curata da Maria Corti. Al 12° La gioia di scrivere della Szymborska; al 14° gli Ossi di seppia di Montale negli Oscar, al 18° l’Antologia di Spoon River di Masters e al 19° i Fiori del male nell’Universale economica Feltrinelli con circa 3.500 copie. Un’altra tendenza è l’interesse per un determinato tema: l’amore, tra Neruda e un Bukoswki (da Guanda), poi le Cento poesie d’amore a Ladyhawk di Mari al 17° posto, un’antologia di Salani della Merini al 25°, le poesia d’amore di Hikmet e selezioni di Catullo (Garzanti), Prevert (Guanda) e Le cento più belle poesie d’amore da Dante a De André (Interlinea).
Sempre sull’amore sono almeno tre i titoli di Francesco Sole, tra gli autori che vendono di più, mai in collane di poesia: il conduttore tv e influencer modenese classe 1992 scrive i titoli e il termine #poesia sempre con l’hashtag per il richiamo ai social dove spopola tra le sue giovanissime fan. Al primo posto assoluto abbiamo l’irpino girovago, molto bravo nella comunicazione legata alle tematiche ambientali, Franco Arminio: il suo La cura dello sguardo (Bompiani) sfiora le 9.000 copie. Un altro suo titolo (L’infinito senza farci caso) è al 5° posto e Cedi la strada agli alberi al 10°, anche al 34°. In tutto supera le 21mila copie in nove mesi.
Nella prima trentina della classifica ecco comparire tre volte (anche al secondo posto assoluto con Se c’è un posto bello sei te, Fabbri) Gio Evan. Nato nel 1988, sono i social a decretarne il successo, postando pochi versi, quasi aforismi, semplici nel linguaggio, con immagini vicine, come si ritrovano anche all’interno delle edizioni. È la stessa modalità di Rupi Kaur, che troviamo sul terzo gradino del podio con quasi 8.000 copie vendute del suo successo costante Milk and honey con il sottotitolo (naturalmente) “Parole d’amore”, stampate da una sigla (Tre60) legata a Tea e al Gruppo editoriale Mauri Spagnol, che ha ristampato ben 30 volte in tre anni il libro della performer e illustratrice canadese di origine indiana, nata nel 1992, per 100 settimane prima negli Usa.
Contano molte le performance e anche oggi la dizione, sui social o a teatro, come in passato, ha una funzione importante: tra le autrici italiane nelle prime trenta posizione troviamo Mariangela Gualtieri (Quando non morivo) e Livia Chandra Candiani (con La bambina pugile), nella Bianca Einaudi, entrambi capaci di colpire con le loro letture. Spiace notare come grandi poeti viventi non siano presenti tra i più venduti ma non è un’accusa al mercato, soltanto una constatazione, ben sapendo quanto il valore critico prenda strade diverse da quelle commerciali.
Quello della poesia resta un mercato di nicchia ma ci sono nuovi lettori di libri di poesia e giovani autori di talento e preparazione, a dispetto della maggioranza dei consumatori in rete che sembrano accontentarsi di una lettura aforistica, da biglietto dei Baci Perugina, in un post di poche righe e illustrato.
Accorgersi delle vendite di poesia non deve suscitare giudizi affrettati su un mercato superficiale, modaiolo e asfissiante, in cui comunque la vera letteratura può raggiungere la salvezza cantata da Rebora: «varco d’aria al respiro a me fu il canto: / a verità condusse poesia». Ciò che conta, già avvertito dalla Szymborska nel suo discorso a Stoccolma, è sapere usare la comunicazione nella pratica letteraria, sempre più liquida: «I poeti avranno sempre molto da fare».