Proprio in concomitanza con la Buchmesse di Francoforte – dove è sempre qualificata la presenza di editori religiosi –, l’Uelci (Unione editori e librai cattolici italiani) presenta i risultati di un’indagine affidata all’Ipsos sugli italiani e la lettura di libri religiosi. Un’indagine non solo interessante da un punto di vista informativo generale, ma utile anche per gli addetti ai lavori come monitoraggio della situazione e delle tendenze dell’editoria religiosa.Che cosa emerge da questa indagine condotta su un campione di 2.000 persone? Il primo dato complessivo è che il 13,7% della popolazione italiana - ossia circa 7 milioni di persone - legge almeno un libro religioso nell’arco di un anno. È tanto? È poco? Prima di esprimere un giudizio, bisogna aggiungere che il 7,3% ne legge soltanto uno e, con uno stacco già sensibile, si scende al 4,2% per la lettura di due libri.Poi, valutando la tipologia delle letture religiose, si può osservare che è significativa la percentuale di lettura della Bibbia (46%), e questo è certamente un segnale positivo, se non fosse, però, che il resto si dimezza. Ciò significa che ci sono settori ancora poco esplorati e che, in termini commerciali, la domanda è insufficiente o addirittura molto scarsa. Mentre esiste uno zoccolo duro di ultrasessantenni che leggono almeno tre libri religiosi all’anno (pur dovendo precisare che questa non è una “controtendenza rispetto al mercato generale”, dato che anche per i libri in generale i grandi lettori hanno più di 60 anni), si registra un dato che fa ben sperare: ed è la presenza tra i lettori di giovani (18-30 anni), tra i quali il 15,3% legge almeno un libro religioso all’anno e il 2,7% almeno tre (chiamiamoli però lettori “forti”, non
hard, tutt’al più
strong!).Se poi è abbastanza scontato che per la lettura di libri religiosi si preferisca di gran lunga il cartaceo (97,7%) o che primeggino le donne (come per tutti gli altri libri), è invece interessante notare che una buona percentuale di lettori (22,4%) è laureata, ma soprattutto può sorprendere che, tra i lettori forti, la percentuale più alta dopo i laureati (5,2%) sia quella dei lettori in possesso della sola licenza elementare (2,4%).Emergono però dall’indagine anche altri dati che suscitano un certo interesse e forse anche una qualche sorpresa. Uno di questi è che la percentuale più alta tra i lettori di almeno tre libri all’anno va al Sud e alle isole: il 4% contro il 2,8% del Nord-Est. Ma il dato che più fa riflettere è questo: credenti in altre religioni e non credenti leggono insieme (44,2%) più di quanto non leggano i praticanti cattolici impegnati e comunque assidui, anche se non impegnati (43,1%).Dagli ulteriori dati sulla produzione e il mercato del libro religioso – un quadro di sintesi realizzato dall’Uelci, dal Consorzio per l’editoria cattolica e da Ediser (Aie), sulla base dei dati di vendita del circuito Arianna – si possono ricavare elementi per alcune considerazioni di ordine generale. Si conferma innanzitutto l’entità della produzione, in cui è ormai consistente l’apporto degli editori laici, e la progressiva interpenetrazione dei mercati (laico/religioso).Di buono, tra l’altro, nel settore religioso c’è questo: che, a prescindere dalla connotazione e dalla dimensione dell’editore, si possono ottenere buoni risultati nella misura in cui si riesce a colpire una fascia o una tipologia di pubblico preciso, attraverso un marchio riconoscibile e un’offerta editoriale qualificata in una delle tre aree di riferimento individuate (riflessiva, divulgativa, spiritualità).Questo naturalmente non evita il rischio che, specialmente nell’area della spiritualità, che rappresenta la parte preponderante della produzione religiosa italiana – il 68,8% su un totale calcolato per il 2012 di 7.363 titoli –, esista un’offerta eccessiva, scadente e comunque ripetitiva.Detto questo, non ci si può esimere da una riflessione conclusiva sull’attualità. Questi nove mesi del 2012 sono stati di sofferenza anche per il libro religioso, perché – a parte alcuni titoli di successo (come i testi o le antologie del Papa, gli scritti del cardinale Martini dopo la sua scomparsa, le nuove edizioni della Bibbia, l’ultimo libro del cardinale Camillo Ruini, le opere di autori ben noti come Enzo Bianchi o Gianfranco Ravasi, eccetera) –, la situazione, specialmente in libreria, è stata piuttosto opaca. Adesso, però, si guarda con fiducia all’Anno della fede, che può effettivamente rappresentare l’inizio di una ripresa per tutta l’editoria religiosa.