Il grande paroliere, presidente della Siae, annuncia: «Molti autori non mangiano, distribuiremo 2500 pacchi alimentari ai più bisognosi. Ho riscritto “Il mio canto libero” per ringraziare i medici» «In un mondo che / fa paura ormai / noi ti aiuteremo,/ lo sai». Ha fatto il giro del web commuovendo tutti il video dove medici e infermieri impegnati sul fronte del Coronavirus hanno intonato una nuova versione de Il mio canto libero di Battisti– Mogol. Un testo scritto appositamente per loro da Giulio Rapetti Mogol in persona, padre della canzone italiana.
Mogol che in questi giorni sta anche affrontando come presidente della Siae (Società italiana autori ed editori) la gravissima crisi economica che ha messo in ginocchio il settore. Solo i mancati incassi di diritto d’autore ad oggi, per il 2020, si stimano in 200 milioni di euro. Ne parliamo con lui dal suo ritiro fra i boschi ad Avigliano Umbro, in provincia di Terni, dove ha sede la sua associazione non– profit, il Cet (Centro Europeo di Toscolano), che forma compositori, autori e interpreti.
Mogol, come è nata questa nuova versione de “Il mio canto libero”?
Le Federazione Italiana delle Società Medico Scientifiche mi ha chiesto di scrivere una canzone perché i medici volevano ringraziare in modo diretto gli italiani. Ma siamo noi che dobbiamo ringraziare voi, cari medici. Se penso che più di 60 sono morti al fronte... Io ho fatto solo il minimo riscrivendo il testo per loro.
Anche lei è al fronte per combattere la crisi economica che sta travolgendo il settore musicale.
Purtroppo, siccome non suona più nessuno, in tanti autori e musicisti oggi non mangiano più. Gli autori non hanno altro che le loro opere per sopravvivere. Siamo dovuti arrivare addirittura a istituire un fondo di solidarietà di emergenza di 500mila euro per acquistare 2.500 pacchi alimentari che saranno distribuiti a domicilio agli associati in condizioni di indigenza o di invalidità.
Sono misure che danno il polso della gravità del momento…
Purtroppo la cultura è in crisi, ma per fortuna avevamo i conti adatti alla situazione e abbiamo varato misure per 110 milioni di euro per sostenere i nostri iscritti. Siae dimostra di essere non solo dalla parte di chi crea, ma anche dalla parte di chi soffre. Continueremo ad appoggiare il grande impegno del Paese per uscire dall’emergenza.
Emergenza in cui gli artisti stanno facendo molto sul web per aiutare le persone a casa a resistere.
Vede, il virus è una tragedia di salute ed economica, ma non abbiamo ancora toccato il fondo. E l’Unione europea non si sta comportando come dovrebbe di fronte a un’emergenza comune. Inoltre è uno scandalo che in Italia non sia stata ancora accettata la direttiva europea che obbliga le grandi piattaforme digitali, come Google o Facebook, a pagare i diritti d’autore. In Francia invece pagano milioni. Senza la creatività, non ci sarebbe l’anima nei vari oggetti, dal pc al tablet e il cellulare.
Lei si è anche scagliato in questi giorni sul tema della copia privata, ovvero il compenso per restituire agli autori una somma in relazione agli strumenti su cui è possibile conservare beni protetti dal dritto d’autore.
A quanti in Italia chiedono di bloccare il decreto della copia privata, che per ora resta l’unica forma di sostegno per tutta l’industria culturale, dico solo che dovrebbero vergognarsi. Pensate se in questi giorni in cui dobbiamo restare a casa non avessimo la musica, i film, la letteratura e le altre arti a tenerci compagnia. La cultura è una medicina potente, per resistere e per ripartire.
Dovrà ripartire, dopo questi giorni di stop, anche il Cet, la sua scuola di formazione?
Ho fondato nel 1992 il Cet, una scuola nata senza scopri di lucro e che ormai è diventato un fenomeno a livello internazionale. L’anno scorso ho insegnato a Berkeley e Harvard, perché dal punto di vista della preparazione musicale siamo molto avanti. Il nostro scopo è creare. Peccato che un nostro bel progetto per la Rai si sia bloccato proprio a causa dell’emergenza.
L'autore Giulio Rapetti Mogol, presidente della Siae - Foto d'archivio
Che tipo di programma per la Rai?
Eravamo pronti con un formato che ho presentato al direttore di Rai 1 Stefano Coletta, ahimè proprio il giorno in cui l’Italia è stata “chiusa” per decreto: tre prime serate per presentare le migliori canzoni dei 3000 diplomati del Cet in questi 28 anni, accompagnati da artisti già affermati. I giovani autori italiani hanno raggiunto un livello altissimo, non c’è mai stato un Sanremo con un livello artistico come quest’anno. Abbiamo bisogno di qualità e grandi idee. Io questa scuola l’ho creata per ridare all’Italia la cultura popolare di qualità. È importante perché la gente, anche quella che non ha studiato, impara le parole a memoria. E devono essere belle.
Quali parole userebbe oggi Mogol per descrivere i tempi che stiamo vivendo?
Io sono molto spesso autobiografico, la scelta che ho fatto è di dedicarmi a scrivere la vita, al posto di fare la fiction che piace la gente. Ho preferito scrivere la verità dei fatti perché anche se non ha cultura, la gente ha istinto, i sentimenti sono tutti uguali da milioni di anni. Ho capito che era la scelta giusta perché le persone si identificano. Però il mio suggerimento dipende dalla musica, io creo a partire dalla musica, cerco di capire cosa sta dicendo. Oggi ci vorrebbe una musica bella per ispirarmi.
Lei che è credente, in cosa trova ispirazione in questi giorni così complessi?
Il gesto di papa Francesco solo in piazza San Pietro, per esempio, mi ha colpito profondamente. Questo Papa è importantissimo, con la forza della sua semplicità. Io dico mezz’ora di preghiere tutte mattine, mentre mia moglie dice tutte le sere il Rosario ed è sempre attaccata a Tv2000. Mia moglie mi ha riportato vicino alla religione, prega sempre, ha una generosità incredibile. Dicono che sia esagerata, ma, come mi disse un sacerdote una volta, non si è mai esagerati ad essere buoni.
Come ne usciremo da tutto questo?
Dopo aver superato alcuni dolori nella vita, mi sono persuaso che noi abbiamo una logica da umani, mentre la logica divina segue altre strade che noi non conosciamo. Personalmente penso che non si debba fare mai del male a nessuno, capire gli altri e di perdonarli. Per il resta, ci mette una pezza il Signore. Io stesso, non sono convinto di avere scritto da me le mie canzoni: io ho un canale in cui le cose mi arrivano, un canale che no so nemmeno se me lo merito. E lo possono avere tutti coloro agiscono non per denaro ma perché le cose siano positive.