Il cantante Marco Mengoni, 34 anni - Foto di Andrea Bianchera
Voci di donne e bambini, ritmi africani, lo sciabordio di una barca, e poi la voce di Nelson Mandela che denuncia il dominio e lo sfruttamento dei bianchi sulla popolazione africana. Iniziamo da The damned of the earth (I dannati della terra), il brano più forte dell’album Materia (Prisma) in uscita il 26 maggio per Sony Music per raccontare quello che potrebbe essere il nuovo percorso di Marco Mengoni che del disco è anche direttore artistico insieme a Giovanni Pallotti.
Terzo disco in un anno e mezzo per completare la trilogia composta insieme a Materia (Terra), Materia (Pelle), questo Materia (Prisma), come spiega l’artista reduce dalla vittoria a Sanremo e dal quarto posto a Eurovision, «è un disco ricco di riflessioni su tante cose. Il prisma è l’oggetto che fa entrare la luce che sembra solo bianca e invece svela miliardi di colori. Mi piace pensare che l’uomo sia così e anche io». Mengoni incontra la stampa nello studio musicale zona sud di Milano dove sta provando per il tour negli stadi, al via da Bibione il 17 giugno. Un colore, però, domina da punto di vista musicale ed è il black, in 11 brani (capitanati dal successo di Due vite) dove Mengoni articola la voce e i ritmi su tonalità che mescolano soul, gospel e R&B con la sua innata bravura. In quanto ai testi, come dicevamo, a colpire è The damned of the earth dove si vede la fruttuosa collaborazione con Fabio Ilacqua già autore della splendida Lettera di là dal mare per Massimo Ranieri sul tema della migrazione. “Ecco l’uomo che ha passato il deserto / Il vento che gli sputa in faccia il mare aperto” attacca Mengoni seguendo il ritmo concitato dei passi di chi cammina e cammina per arrivare ne “I ghetti baraccopoli del meridione / Li senti i canti che bruciano tra i filari / Gonfiar lo stomaco dei caporali”.
«Ci sono ancora tante cose da fare come trovare la strada migliore per accogliere le persone che scappano da posti non sicuri – spiega Mengoni -. Questo brano nasce dalla mia lettura dell’antropologo Frantz Fanon. Mi sento un uomo che vive nella società, sono una persona attenta che ha delle idee e un vissuto che va urlato e condiviso con gli altri». Mengoni a chi gli chiede perché abbia sventolato una bandiera arcobaleno ad Eurovison precisa: «Non era una bandiera arcobaleno, ma la bandiera dell’inclusività totale. Credo nell’inclusività di quelle che sono ritenute minoranze ma che sono parte della società. In Italia ci sono cose che non sto veramente capendo, anacronistiche per il 2023, vorrei comprendere perché c’è questo modo di approcciarsi su certi temi: ognuno può avere la sua opinione, sono aperto al confronto» aggiunge l’artista cercando di mantenersi equilibrato mentre la stampa cerca di tirargli la giacchetta per fargli apertamente criticare il Governo.
Meglio lasciar parlare le canzoni, come dice lo stesso Mengoni. Ed ecco quindi la bella introspezione dello spiritual elettronico Non sono questo, una sorta di esame di coscienza, che affronta come altri brani del disco, il tema degli sbagli (vedi Un’altra storia): «Gli sbagli sono una parte importante, sono spunti di riflessione per cambiare - aggiunge - Il mio errore più grande? Non avere ascoltato abbastanza persone che ora non ci sono più». Amore e insicurezze interpretate con voce impeccabile anche nel bel duetto con Ernia (Fiori d’orgoglio) o Incenso. Senza rinunciare al tormentone pronto per l’estate, Pazza musica in duetto con Elodie, un pezzo ballabile, ma controcorrente «rispetto ai ritmi latini e reggaeton che vanno di moda. Punto sulle mie influenze afroamericane». E possiamo dire che fa bene.